Domenica mattina. Sento il pessimo jazz del modem digitale che si collega a Internet. Sono in bagno.Parole di Oliver Tate, il protagonista di Piccole indagini sotto il pelo dell'acqua.
Recentemente ho scoperto che mia madre cerca su Yahoo disturbi mentali e rimedi non ancora inventati, tipo «sindrome da fissazione adolescenziale», «disagi da abuso di immaginazione», «stabilizzatori comportamentali olistici».
Digitando «sindrome da fissazione adolescenziale» la prima pagina che viene fuori parla della sindrome di Cotard. Si tratta di una specie di autismo in cui le persone si credono morte. Il sito riporta alcune dichiarazioni scelte di vittime della malattia. Per un po’ ho cominciato a buttare lì le stesse frasi nelle pause di conversazione a tavola, o quando mia madre mi chiedeva com’era andata a scuola.
«Un guscio ha preso il posto del mio corpo.»
«Ho gli organi interni di pietra.»
«Sono morto da anni.»
Adesso ho smesso. Più fingevo di essere un cadavere, più lei si chiudeva sull’argomento della sanità mentale.
Una volta scrivevo questionari da sottoporre ai miei genitori. Chiedevo cose tipo:
- Quali patologie è probabile che erediterò?
- Quanti soldi e terreni è probabile che erediterò?
- Se vostro figlio fosse adottato, a che età gli raccontereste la verità su sua madre?
a) 4-8 b) 9-14 c) 15-18
Io ho quasi quindici anni.
Leggevano i questionari ma non rispondevano mai.
Da allora, per scoprire i segreti dei miei, ho iniziato a studiarli di nascosto.
a margine delle attività che si fanno in classe (ma non solo) · integrabile ed integrato con facebook & il sito-deposito
domenica 28 settembre 2008
Cavolo, che libro...
Comprato sabato scorso, letto nei ritagli di tempo; sembra di trovare il giovane Holden, ma più cinico e disincantato. Lo si capisce da subito.
Aria di gita

«Scusa, puoi scrivere che non mi portano il caffè?»
«Però lo scrivi vero che la professoressa ha fatto l'isterica?»
«Ma devi scriverlo per forza che ascolto Grignani?»
«Scrivi che in una sera abbiamo bevuto quattro birre e che nessuno ha vomitato?»
«Ma tu lo scrivi, se ti dico che ho tradito il mio ragazzo?»
«Tanto tu non parlerai di noi professori, vero?»
«Dovresti scrivere che io con la mia famiglia faccio finta».
«Tu scrivi anche che io ti ho chiesto cosa scrivi?»
Domande all'autore di "Domani niente scuola", 3 cronache da adulto di 3 gite di 3 scolaresche...
Resto in attesa di sentire i racconti di fanciulle e fanciulli di quinta.
martedì 23 settembre 2008
Fescennini
Se ne parlava oggi in classe; questa è la cosa più moderna che ci si possa avvicinare; per ulteriori particolari, si veda wikipedia, sub voce.
domenica 21 settembre 2008
Strumenti
La nuova sezione linguistica del (beta)sito della Treccani offre utili strumenti e percorsi interessanti.
sabato 20 settembre 2008
τρισκαίδεκα
Mentre stamattina in terza si parlava di lunghezze dei versi e di metri, alcuni fanciulli indagano sull'etimo di decasillabo ed endecasillabo, stupendosi di fronte al termine triskàideka.
Niente di strano, tranne il fatto che vado a Milano, risalgo sul treno e sfoglio il primo capitolo di uno dei quattro libri acquistati; inizia (benissimo, peraltro...) così:
Vi farò sapere come prosegue.
PS: note sulla triskaidekafobia
Niente di strano, tranne il fatto che vado a Milano, risalgo sul treno e sfoglio il primo capitolo di uno dei quattro libri acquistati; inizia (benissimo, peraltro...) così:

PS: note sulla triskaidekafobia
Tragedie
Adelchi eroe romantico e morte del Conte di Carmagnola: file disponibili nella cartella di quinta.
lunedì 15 settembre 2008
Proposte teatrali
Nella cartella di quinta, un elenco di spettacoli interessanti tra cui scegliere quale/quali vedere insieme.
domenica 14 settembre 2008
«Di questo soffre il mondo della scuola, dell'indifferenza e dell'incomprensione»
Per i non-lettori de L'Eco di Bergamo, un interessante scambio epistolare pubblicato sull'edizione di oggi.
Albert Einsten diceva: «Non so con quali armi verrà combattuta la terza guerra mondiale, ma so che la quarta verrà combattuta con clave e pietre», proprio come certe riforme della scuola che invece di migliorarla la riportano indietro. Si assiste al ritorno del maestro unico alle elementari, del 5 in condotta e degli esami di riparazione.
Quella degli esami a settembre credo tuttavia che sia una giusta riforma ma che non serva agli studenti in questo momento. I problemi più grandi della scuola di oggi sono il menefreghismo, la disattenzione in classe, il distacco che c'è tra gli alunni e professori e la mancanza di concentrazione a scuola e a casa. Tutto questo porta a fare fatica, ad avere una o più materie a settembre e di conseguenza ad una probabile bocciatura. Così mi chiedo: perché prima di rimettere gli esami di riparazione o il 5 in condotta, e di conseguenza installare una specie di regime del terrore, il ministro, gli insegnanti, i presidi non provano ad ascoltarci? Noi siamo il futuro di questo paese.
Non abbiamo bisogno di riforme inutili, del 5 in condotta, ma di ascolto per capire insieme quali sono i problemi e di cercare insieme di risolverli.
Jovanotti in una canzone scrive: «L'indifferenza è il più grave peccato mortale» ed è di questo che soffre il mondo della scuola, dell'indifferenza e dell'incomprensione, che a volte arriva al rifiuto degli adulti verso i ragazzi, due mondi che non comunicano più.
Quando si fa una riforma bisogna ricordarsi che la si fa per noi, per noi che facciamo fatica a tornare a casa dopo aver preso un brutto voto, per noi che la scuola è una rottura di palle, per noi che vorremmo spaccare il mondo, ma che invece siamo costretti ad ascoltare un insegnante svogliato, e a cui non gliene frega niente di noi. Secondo me il problema più grave della scuola di oggi è questo. Perché noi dobbiamo studiare, faticare, impegnarci mentre poi andiamo a scuola e ci accorgiamo che ci sono pochi professori che fanno il loro lavoro come andrebbe fatto? Come faccio io ad appassionarmi alla storia, al latino o alla matematica se il professore non mi dà stimoli, non mi fa appassionare alla materia ma si limita a spiegarmi le pagine e a farmi studiare. Che senso ha questo? Che senso ha farmi ripetere a memoria senza farmi ragionare, senza stimolarmi ad approfondire? Quindi anziché fare riforme che non servono, proviamo a selezionare i professori in base all'attitudine ai ragazzi, a seconda della capacità di comunicazione e poi ovviamente anche alla preparazione. Perché se no, ci credo che impicchiamo, che non andiamo a scuola. La scuola è sudore e fatica, noi lo sappiamo, ci passiamo un terzo della nostra giornata e sappiamo che dovrebbe essere il luogo dove noi ci formiamo e ci prepariamo ad una vita adulta, ma è difficile se l'istituzione ti si mette contro, che già siamo «inkazzati per questioni ormonali» così ci inkazziamo ancora di più! E allora sì che la scuola fa schifo se c'è un muro tra gli alunni e i professori e abbiamo paura di un insegnante.
Una volta un grandissimo personaggio mi disse che la scuola non valuta la tua intelligenza o la conoscenza ma solo l'attitudine allo studio. Bisognerebbe dunque far sì che anche le nostre intelligenze e la nostra curiosità venissero in qualche modo coinvolte e stimolate dalla scuola. Oggi occorre cercare un dialogo, come faceva una mia grande professoressa, se no non c'è futuro.
Giorgio R.
quest'anno ripetente
Caro Giorgio,
a botta calda sarei tentato di darti ragione su tutta la linea. Ma dopo aver riflettuto sulla tua lettera sono arrivato alla conclusione opposta, ossia che ti stai sbagliando. Le tue osservazioni sono in gran parte condivisibili, ma è il tuo approccio che rischia di non portarti da nessuna parte. Mi spiego.
È vero che nella scuola c'è tanta gente incapace di ascoltare e che molti professori sono privi di passione per ciò che insegnano e per le persone che hanno di fronte. Succede nella scuola e succede in tutti gli altri ambienti. Ma il tuo errore sta nel fatto che per mettere in gioco fino in fondo te stesso, ti aspetti che gli altri siano diversi da quello che sono. Si possono avere i peggiori insegnanti del mondo, ma ciò non pregiudicherà mai in maniera irreparabile la tua possibilità di imparare. Siamo persone libere, perdio, e libertà vuol dire non dipendere mai completamente dalle condizioni biologiche o familiari o sociali nelle quali ci troviamo a vivere. In altre parole, nessun cattivo insegnante impedirà mai a te di essere un bravo studente. Ti renderà la vita più difficile (ma la vita, lo imparerai presto, è difficile), e tuttavia, se il tuo compito è riuscire a scuola, tu sei chiamato, in qualsiasi condizione, a svolgerlo nel migliore dei modi, con passione e con responsabilità, altrimenti, fra qualche anno, finirai per assomigliare a quelli che oggi accusi di sordità. Dipende dalla nostra libertà e solo da quella il fatto di imparare qualcosa cercando di capirla, o studiarla soltanto per ripeterla a casaccio.
Tu insisti molto sull'incapacità degli insegnanti di dialogare con voi studenti. Ma essere ascoltati non può essere una pretesa. È un privilegio che capita qualche volta (non solo nella scuola). Un privilegio di cui essere riconoscenti. Capire ciò fa crescere la gratitudine per il professore «in gamba» che si incontra (ce ne sono tanti, come anche tu accenni parlando di una tua insegnante), evitando di accumulare rabbia nei confronti degli altri che, poveracci, sono solo come noi: distratti, presi dai loro problemi, sordastri alla vita. E il guaio peggiore di chi cresce accumulando pretese è che quando, fortunatamente, trova uno che lo ascolta, non si stupisce della sua eccezionalità, non è capace di rallegrarsi per quanto gli è capitato.
D'altra parte - e qualche volta te ne sarai certamente accorto - anche gli insegnanti si augurano di trovare qualcuno che, invece di ritenersi obbligato a seguire i loro discorsi, con l'unico scopo di portarsi a casa la sufficienza, sia davvero interessato a quel che insegnano. E quando questo succede, solitamente accade che anche l'insegnante da cui meno ce lo si sarebbe aspettato cambi il suo atteggiamento, perché sa di trovare almeno uno che lo ascolta nel modo in cui vorrebbe essere ascoltato. I ragazzi possono fare davvero tanto per i loro prof e ti garantisco che ne basta uno, di ragazzo interessato, in una classe, perché le cose mutino radicalmente anche senza riforma o con riforme sbagliate.
Tutto ciò non significa, ovviamente, che chi ha responsabilità non debba tentare di far arrivare in cattedra docenti all'altezza del loro compito e appassionati alla vita. Ma, se è vero come tu dici, che il futuro siete voi, non sarebbe male se, fin d'ora, vi attrezzaste per arrivare all'appuntamento entusiasti e disposti anche voi a quell'ascolto che tanto vi aspettate dagli adulti.
Caro Giorgio, non si può stare fermi a riva, aspettando che la vita offra le migliori opportunità. Molti tra gli uomini che hanno raggiunto grandi obiettivi sono stati spesso ostacolati nel corso della loro esistenza, ma più che a lamentarsi delle ondate si sono impegnati con energia a tenere forte e dritto il timone. Perché il mare è il mare e chi vuole attraversarlo non può pretendere che sia sempre calmo e che il vento spiri nella direzione giusta.
Tanti auguri per il tuo viaggio. In fondo, «ri-petere» vuol dire «chiedere di nuovo», ed è un'occasione per rimettersi in gioco. Che l'anno scolastico appena iniziato ti porti buoni frutti.
Ettore Ongis
Albert Einsten diceva: «Non so con quali armi verrà combattuta la terza guerra mondiale, ma so che la quarta verrà combattuta con clave e pietre», proprio come certe riforme della scuola che invece di migliorarla la riportano indietro. Si assiste al ritorno del maestro unico alle elementari, del 5 in condotta e degli esami di riparazione.
Quella degli esami a settembre credo tuttavia che sia una giusta riforma ma che non serva agli studenti in questo momento. I problemi più grandi della scuola di oggi sono il menefreghismo, la disattenzione in classe, il distacco che c'è tra gli alunni e professori e la mancanza di concentrazione a scuola e a casa. Tutto questo porta a fare fatica, ad avere una o più materie a settembre e di conseguenza ad una probabile bocciatura. Così mi chiedo: perché prima di rimettere gli esami di riparazione o il 5 in condotta, e di conseguenza installare una specie di regime del terrore, il ministro, gli insegnanti, i presidi non provano ad ascoltarci? Noi siamo il futuro di questo paese.
Non abbiamo bisogno di riforme inutili, del 5 in condotta, ma di ascolto per capire insieme quali sono i problemi e di cercare insieme di risolverli.
Jovanotti in una canzone scrive: «L'indifferenza è il più grave peccato mortale» ed è di questo che soffre il mondo della scuola, dell'indifferenza e dell'incomprensione, che a volte arriva al rifiuto degli adulti verso i ragazzi, due mondi che non comunicano più.
Quando si fa una riforma bisogna ricordarsi che la si fa per noi, per noi che facciamo fatica a tornare a casa dopo aver preso un brutto voto, per noi che la scuola è una rottura di palle, per noi che vorremmo spaccare il mondo, ma che invece siamo costretti ad ascoltare un insegnante svogliato, e a cui non gliene frega niente di noi. Secondo me il problema più grave della scuola di oggi è questo. Perché noi dobbiamo studiare, faticare, impegnarci mentre poi andiamo a scuola e ci accorgiamo che ci sono pochi professori che fanno il loro lavoro come andrebbe fatto? Come faccio io ad appassionarmi alla storia, al latino o alla matematica se il professore non mi dà stimoli, non mi fa appassionare alla materia ma si limita a spiegarmi le pagine e a farmi studiare. Che senso ha questo? Che senso ha farmi ripetere a memoria senza farmi ragionare, senza stimolarmi ad approfondire? Quindi anziché fare riforme che non servono, proviamo a selezionare i professori in base all'attitudine ai ragazzi, a seconda della capacità di comunicazione e poi ovviamente anche alla preparazione. Perché se no, ci credo che impicchiamo, che non andiamo a scuola. La scuola è sudore e fatica, noi lo sappiamo, ci passiamo un terzo della nostra giornata e sappiamo che dovrebbe essere il luogo dove noi ci formiamo e ci prepariamo ad una vita adulta, ma è difficile se l'istituzione ti si mette contro, che già siamo «inkazzati per questioni ormonali» così ci inkazziamo ancora di più! E allora sì che la scuola fa schifo se c'è un muro tra gli alunni e i professori e abbiamo paura di un insegnante.
Una volta un grandissimo personaggio mi disse che la scuola non valuta la tua intelligenza o la conoscenza ma solo l'attitudine allo studio. Bisognerebbe dunque far sì che anche le nostre intelligenze e la nostra curiosità venissero in qualche modo coinvolte e stimolate dalla scuola. Oggi occorre cercare un dialogo, come faceva una mia grande professoressa, se no non c'è futuro.
Giorgio R.
quest'anno ripetente
Caro Giorgio,
a botta calda sarei tentato di darti ragione su tutta la linea. Ma dopo aver riflettuto sulla tua lettera sono arrivato alla conclusione opposta, ossia che ti stai sbagliando. Le tue osservazioni sono in gran parte condivisibili, ma è il tuo approccio che rischia di non portarti da nessuna parte. Mi spiego.
È vero che nella scuola c'è tanta gente incapace di ascoltare e che molti professori sono privi di passione per ciò che insegnano e per le persone che hanno di fronte. Succede nella scuola e succede in tutti gli altri ambienti. Ma il tuo errore sta nel fatto che per mettere in gioco fino in fondo te stesso, ti aspetti che gli altri siano diversi da quello che sono. Si possono avere i peggiori insegnanti del mondo, ma ciò non pregiudicherà mai in maniera irreparabile la tua possibilità di imparare. Siamo persone libere, perdio, e libertà vuol dire non dipendere mai completamente dalle condizioni biologiche o familiari o sociali nelle quali ci troviamo a vivere. In altre parole, nessun cattivo insegnante impedirà mai a te di essere un bravo studente. Ti renderà la vita più difficile (ma la vita, lo imparerai presto, è difficile), e tuttavia, se il tuo compito è riuscire a scuola, tu sei chiamato, in qualsiasi condizione, a svolgerlo nel migliore dei modi, con passione e con responsabilità, altrimenti, fra qualche anno, finirai per assomigliare a quelli che oggi accusi di sordità. Dipende dalla nostra libertà e solo da quella il fatto di imparare qualcosa cercando di capirla, o studiarla soltanto per ripeterla a casaccio.
Tu insisti molto sull'incapacità degli insegnanti di dialogare con voi studenti. Ma essere ascoltati non può essere una pretesa. È un privilegio che capita qualche volta (non solo nella scuola). Un privilegio di cui essere riconoscenti. Capire ciò fa crescere la gratitudine per il professore «in gamba» che si incontra (ce ne sono tanti, come anche tu accenni parlando di una tua insegnante), evitando di accumulare rabbia nei confronti degli altri che, poveracci, sono solo come noi: distratti, presi dai loro problemi, sordastri alla vita. E il guaio peggiore di chi cresce accumulando pretese è che quando, fortunatamente, trova uno che lo ascolta, non si stupisce della sua eccezionalità, non è capace di rallegrarsi per quanto gli è capitato.
D'altra parte - e qualche volta te ne sarai certamente accorto - anche gli insegnanti si augurano di trovare qualcuno che, invece di ritenersi obbligato a seguire i loro discorsi, con l'unico scopo di portarsi a casa la sufficienza, sia davvero interessato a quel che insegnano. E quando questo succede, solitamente accade che anche l'insegnante da cui meno ce lo si sarebbe aspettato cambi il suo atteggiamento, perché sa di trovare almeno uno che lo ascolta nel modo in cui vorrebbe essere ascoltato. I ragazzi possono fare davvero tanto per i loro prof e ti garantisco che ne basta uno, di ragazzo interessato, in una classe, perché le cose mutino radicalmente anche senza riforma o con riforme sbagliate.
Tutto ciò non significa, ovviamente, che chi ha responsabilità non debba tentare di far arrivare in cattedra docenti all'altezza del loro compito e appassionati alla vita. Ma, se è vero come tu dici, che il futuro siete voi, non sarebbe male se, fin d'ora, vi attrezzaste per arrivare all'appuntamento entusiasti e disposti anche voi a quell'ascolto che tanto vi aspettate dagli adulti.
Caro Giorgio, non si può stare fermi a riva, aspettando che la vita offra le migliori opportunità. Molti tra gli uomini che hanno raggiunto grandi obiettivi sono stati spesso ostacolati nel corso della loro esistenza, ma più che a lamentarsi delle ondate si sono impegnati con energia a tenere forte e dritto il timone. Perché il mare è il mare e chi vuole attraversarlo non può pretendere che sia sempre calmo e che il vento spiri nella direzione giusta.
Tanti auguri per il tuo viaggio. In fondo, «ri-petere» vuol dire «chiedere di nuovo», ed è un'occasione per rimettersi in gioco. Che l'anno scolastico appena iniziato ti porti buoni frutti.
Ettore Ongis
sabato 13 settembre 2008
La prendo alla larga
Ci sono nozioni che fanciulle e fanciulli di quinta dovrebbero conoscere, se non in versione estesa, almeno in versione compendiata.
Sarà un anno lungo, mi sa...
Sarà un anno lungo, mi sa...
Omne trinum est perfectum...
I 3 file visti oggi (siti utili, esercizi di stile e shimizé) sono nella cartella di terza.
mercoledì 10 settembre 2008
Di piedi e Ginevra

Se son rose, fioriranno...
domenica 7 settembre 2008
Motivazioni

Beh, all'inizio dell'anno scolastico, auguri a tutti di buona motivazione, anche grazie all'eventuale supporto di stickk.
lunedì 1 settembre 2008
È l'ultima settimana
Passo in mattinata da scuola e incontro (ben!) cinque alunni dell'ex-terza A che hanno da sistemare la questione della sospensione del giudizio; per loro, stamattina, c'era la prova di matematica. Per qualcuno si prospetta anche un secondo impegno, domani, con biologia; per i prof, tutti, l'avvio delle attività è fissato alle 14.30 con il Collegio dei Docenti.
Sarà l'occasione per vedere chi c'è ancora e chi sostituisce coloro che sono migrati ad altri lidi, al termine dello scorso anno scolastico. E poi, da mercoledì 10, l'avvio delle lezioni.
Credo sarà un anno un po' diverso dal solito, perché mi aspettano alcune novità: l'arrivo a scadenza degli impegni extrascolastici (e il sovraccarico degli "ultimi mesi" di attività), la probabile frequenza di un master, la speranza di qualche scazzo in meno, soprattutto con chi conosco da più anni.
Beh, facciamoci gli auguri!
Sarà l'occasione per vedere chi c'è ancora e chi sostituisce coloro che sono migrati ad altri lidi, al termine dello scorso anno scolastico. E poi, da mercoledì 10, l'avvio delle lezioni.
Credo sarà un anno un po' diverso dal solito, perché mi aspettano alcune novità: l'arrivo a scadenza degli impegni extrascolastici (e il sovraccarico degli "ultimi mesi" di attività), la probabile frequenza di un master, la speranza di qualche scazzo in meno, soprattutto con chi conosco da più anni.
Beh, facciamoci gli auguri!
venerdì 22 agosto 2008
I dwell in possibility (E. Dickinson)
Ascriverei anche questo nella categoria del "libri che fanno bene"...

PS: anche un clic sul titolo del post apre una possibilità...

La fiction di valore costruisce un mondo. Essa «mette al mondo» personaggi, storie, vicende, oggetti… Se la fiction è vera, allora produce esperienza autentica. Se non lo è, allora mi sentirò come di fronte a un videogioco, a uno schermo, a qualcosa che comunque non mi coinvolge nella carne e nel sangue. Se la fiction è vera, allora io faccio esperienza di vita. (pag. 17)Antonio Spadaro, Abitare nella possibilità - L'esperienza della letteratura, Jaca Book 2008
Il romanzo di valore possiede in se stesso la formula capace di aprire un mondo, di far conoscere e dare intelligenza della realtà. E questo significa innanzitutto spremere la realtà stessa, cogliendone la sostanza, il suo fondamento. (…) Se un romanzo non dichiara un mondo e non lo spalanca davanti al lettore – non importa se in modo realista o surrealista – non fa compiere al lettore una vera esperienza, non fa conoscere nulla: è vuoto e noia. (pag. 19)
La letteratura, quella autentica, è un «evento umano», che coinvolge l’uomo e il suo essere in questo mondo fin dalle midolla. La letteratura non è «smidollata», non rientra nella categoria del puro passatempo, del gioco d’artificio, delle scatole cinesi, del leggero passeggio per il labirinto dell’esistenza, del «puro» intreccio delle forme. Essa riguarda la vita. (pag. 21)
PS: anche un clic sul titolo del post apre una possibilità...
giovedì 21 agosto 2008
L'estate sta finendo...
...e pare che alcune persone debbano preparare, per il rientro, due tracce tra queste...
D’oh, che connessioni...
Tre passi dalle due più recenti letture estive.
Lunghetti, forse, poco postmoderni, ma interessanti.



Lunghetti, forse, poco postmoderni, ma interessanti.

Il motivo del successo che i Simpson stanno ottenendo, risiede nell’aver intercettato con straordinaria felicità espressiva il cuore di quella che siamo abituati a chiamare la postmodernità: vale a dire il gioco libero ma sapiente della citazione, del rimando, dell’allusione insistita a linguaggi, episodi d’attualità, temi, generi, opere d’arte note o notissime. Siano esse patrimonio della cultura alta, da 2001 Odissea nello spazio e Quarto potere all’opera omnia di Shakespeare, o quasi, o di quella popolare, da Paul McCartney agli U2 e ai Green Day e alla cucina cinese, fino alla pubblicità, al design e al fumetto. In un territorio franco nel quale abitano alla rinfusa luoghi comuni e manie, paure e passionacce, revival e nostalgie, apocalissi e futuri possibili, il tutto esibito in diretta e sbattuto sullo schermo senza alcuna pretesa di politically correctness. La parodia e l’ironia, che sono sparse a piene mani nella serie, del resto, sono appunto, probabilmente, i principali caratteri distintivi del postmoderno.(Brunetto Salvarani, Da Bart a Barth - Per una teologia all’altezza dei Simpson, Claudiana 2008, pag. 27-28)

I tre poemi, infatti, sono organizzati secondo una selezione gerarchica indiscussa per Odissea ed Eneide, a torto discussa per l’Iliade (ne parleremo), che individua un personaggio centrale, dal quale promana un fascino preponderante, e in funzione di esso si disegna l’equilibrio delle funzioni narrative e il sistema delle relazioni.(Guido Paduano, La nascita dell’eroe – Achille, Odisseo, Enea: le origini della cultura occidentale, BUR 2008, pag. 10-11)
Ecco dunque la figura dell’eroe, ammirato e idealizzato perché possiede le virtù o le qualità apprezzate dal gruppo sociale cui appartiene; ma le possiede a un livello tale che la superiorità quantitativa si trasforma in soglia qualitativa, una diversità.
Tra lui e la pluralità degli altri, la diversità istituisce conflitti che possono occupare tutti i possibili livelli di profondità e violenza: neppure il più lieve permette l’omologazione, neppure il più duro esce dal quadro di un codice condiviso, ma si situa come opposizione fra un uso eccessivo, o meglio forse, eccessivamente coerente dei valori, e un uso ammorbidito dalla considerazione dell’opportunità e del profitto, e reciprocamente limitato nella convivenza quotidiana. L’eroe tende a rappresentare un punto fermo nei confronti della mutevolezza del reale.

Il primo segreto della loro accoglienza così universalemete favorevole è ciò che Umberto Eco ci ha definitivamente rivelato a proposito dell’inossidabile Mike Buongiorno in anni ormai lontani (nel Diario minimo, 1963): il fatto che il buon Mike – e Madame Bovary per i più intellettuali, e i Simpson, appunto – c’est moi. Ci siamo noi nell’ingenua fiducia nel consumismo di Homer, nel suo tentativo di sgattaiolare il più lontano possibile dali doveri lavorativi, nella ricerca cosi naive di un quarto d’ora di celebrità, nella bulimia rassegnata davanti al frigorifero o alla scatola della televisione (e potremmo proseguire a lungo). Ci piaccia o no; si lotti contro tali derive o no; lo vogliamo confessare apertamente, oppure no. Perché di quel combinato disposto di tradizionalismo e antiautoritarismo è composta in genere la nostra esistenza, come quella dei musi gialli…Brunetto Salvarani, Da Bart a Barth - Per una teologia all’altezza dei Simpson, Claudiana 2008, pag. 35-37)
Lo scriveva argutamente Vincenzo Mollica, il pacioso e voluminoso giornalista TV, forte di qualche tratto fisico che lo apparenta a Homer, sul mensile “Linus” già nel 1999, che «i Simpson sono come siamo, esattamente come siamo, sono la nostra carta d’identità, il liquido amniotico in cui abbiamo navigato prima di venire al mondo, addirittura ci sono tracce del loro passaggio nel Dna che tutti ci unisce». Fino a lanciarsi in un’immagine dal sapore epico: «Ecco, i cinque Simpson sono insieme Dante e Virgilio, con la differenza che il Paradiso, il Purgatorio l’Inferno sono concentrati nelo stesso girone, che è la loro casa così spoglia, arredata solo di colori che nessun campionario di vernici contempla». (…) I Simpson mettono in scena l’ansia e insieme la possibilità di un riscatto dall’abisso in cui quotidianamente rischiano (o rischiamo?) di precipitare.
martedì 12 agosto 2008
Future classi dirigenti
In un recente sondaggio, due terzi delle università Usa hanno dichiarato che, a parità di fattori, la conoscenza del greco o del latino conferisce agli studenti una marcia in più.
giovedì 7 agosto 2008
lunedì 4 agosto 2008
venerdì 1 agosto 2008
lunedì 28 luglio 2008
venerdì 25 luglio 2008
domenica 20 luglio 2008
giovedì 10 luglio 2008
Che cosa è la scuola?
Non è una domanda da prof, dal momento che chi ha scelto di viverci gran parte dell’esistenza dovrebbe avere chiaro quale sia l’habitat in cui si trova ad operare.
Non è nemmeno, oggi, una domanda da alunni. Dicono i pedagogisti nel loro linguaggio tecnico che alla scuola non si possa più riconoscere il ruolo, una volta indiscusso, di agenzia formativa principale, soppiantata com’è da altre fonti, dalla TV ad internet ecc.
Chiedersi che cosa sia la scuola sembra allora una domanda inutile. Ci si rassegna a prendere parte al rito collettivo di un’istruzione ritenuta lontana da “quello che serve”, qui ed ora, per vedere soddisfatte alcune attese, più o meno meschine, quali il voto finale di uscita, il conseguimento di un diploma che apra più strade rispetto a uno più limitato, l’aver superato indenni le prove nel corso degli anni, avendo fatto il meno possibile ed avendo lucrato al massimo con l’utilizzo delle forme più varie di escamotages. Beh, la scuola oggi è anche questo, non perché nei bei tempi andati fossero tutte rose e fiori, gli studenti fossero tutti stinchi di santo o che altro, ma perché, almeno per quanto riguarda gli studi liceali, che una volta erano riservati ai pochi, gli alunni sceglievano consapevolmente un percorso difficile nell’immediato ma di possibile soddisfazione. Capita però che anche oggi accadano cose simili, che si trovino alunni capaci di accettare la sfida del mettersi in gioco e nel prendere dall’esperienza scolastica, oltre alle incazzature che derivano dai risultati non sempre in linea con le aspettative, anche gli stimoli per aprire il proprio pensiero, confrontarlo approfonditamente con il patrimonio culturale che, nel bene o nel male, ci costituisce in quanto nati qui ed ora. Ho ricevuto ieri una ottima notizia: a un exalunno di qualche anno fa si prospetta un periodo di 4 anni per un dottorato di ricerca all’estero. Una mail entusiasta per una proposta interessante, con la capacità di essere ironici e al contempo riflessivi sull’esperienza del liceo. Beh, io credo che la scuola sia questa. La capacità di rendere sistematiche le esperienze più disparate, la volontà di formare un proprio punto di vista sul mondo, consapevoli della relatività della propria posizione e della opportunità di un confronto costante con quanti ci hanno preceduto, lasciando segni del loro passaggio che aiutino nel cammino. In alcuni dei colloqui di maturità a cui ho preso parte in questi anni ho avuto modo di apprezzare il cammino formativo di molte delle persone che ho incontrato da studenti; con alcuni, già in alcune interrogazioni/colloqui c’era modo di superare la dialettica dell’azione/reazione (alla domandina rispondo con la lezioncina) per provare a volare un po’ più alto, con il rischio, magari, di non verificare la conoscenza del momento erudito, ma con lo stimolo a confrontarsi nel pensiero. Beh, questa è la scuola, secondo me. Mi sentivo di dirlo e di scriverlo, prima di staccare.
Non è una domanda da prof, dal momento che chi ha scelto di viverci gran parte dell’esistenza dovrebbe avere chiaro quale sia l’habitat in cui si trova ad operare.
Non è nemmeno, oggi, una domanda da alunni. Dicono i pedagogisti nel loro linguaggio tecnico che alla scuola non si possa più riconoscere il ruolo, una volta indiscusso, di agenzia formativa principale, soppiantata com’è da altre fonti, dalla TV ad internet ecc.
Chiedersi che cosa sia la scuola sembra allora una domanda inutile. Ci si rassegna a prendere parte al rito collettivo di un’istruzione ritenuta lontana da “quello che serve”, qui ed ora, per vedere soddisfatte alcune attese, più o meno meschine, quali il voto finale di uscita, il conseguimento di un diploma che apra più strade rispetto a uno più limitato, l’aver superato indenni le prove nel corso degli anni, avendo fatto il meno possibile ed avendo lucrato al massimo con l’utilizzo delle forme più varie di escamotages. Beh, la scuola oggi è anche questo, non perché nei bei tempi andati fossero tutte rose e fiori, gli studenti fossero tutti stinchi di santo o che altro, ma perché, almeno per quanto riguarda gli studi liceali, che una volta erano riservati ai pochi, gli alunni sceglievano consapevolmente un percorso difficile nell’immediato ma di possibile soddisfazione. Capita però che anche oggi accadano cose simili, che si trovino alunni capaci di accettare la sfida del mettersi in gioco e nel prendere dall’esperienza scolastica, oltre alle incazzature che derivano dai risultati non sempre in linea con le aspettative, anche gli stimoli per aprire il proprio pensiero, confrontarlo approfonditamente con il patrimonio culturale che, nel bene o nel male, ci costituisce in quanto nati qui ed ora. Ho ricevuto ieri una ottima notizia: a un exalunno di qualche anno fa si prospetta un periodo di 4 anni per un dottorato di ricerca all’estero. Una mail entusiasta per una proposta interessante, con la capacità di essere ironici e al contempo riflessivi sull’esperienza del liceo. Beh, io credo che la scuola sia questa. La capacità di rendere sistematiche le esperienze più disparate, la volontà di formare un proprio punto di vista sul mondo, consapevoli della relatività della propria posizione e della opportunità di un confronto costante con quanti ci hanno preceduto, lasciando segni del loro passaggio che aiutino nel cammino. In alcuni dei colloqui di maturità a cui ho preso parte in questi anni ho avuto modo di apprezzare il cammino formativo di molte delle persone che ho incontrato da studenti; con alcuni, già in alcune interrogazioni/colloqui c’era modo di superare la dialettica dell’azione/reazione (alla domandina rispondo con la lezioncina) per provare a volare un po’ più alto, con il rischio, magari, di non verificare la conoscenza del momento erudito, ma con lo stimolo a confrontarsi nel pensiero. Beh, questa è la scuola, secondo me. Mi sentivo di dirlo e di scriverlo, prima di staccare.
mercoledì 9 luglio 2008
Quando il prof scrive una cazzata
Avevo scritto che non si sarebbe più distribuito il diploma; sbagliato! È stato eliminato il certificato di superamento delle prove, non il diploma. Quello resta.
Chiedo scusa per la notizia errata.
Chiedo scusa per la notizia errata.
domenica 6 luglio 2008
Prime letture estive


giovedì 3 luglio 2008
Si comincia!
Ieri pomeriggio, con i pochi sopravvissuti, l'ultima rilettura dei canti del Paradiso; oggi il silenzio che precede l'avvio delle ultime "consultazioni": gli orali della quinta A. Da domani.
PS: ma "si finisce" anche: nella mattinata, sempre di domani, i primi test per la verifica dell'eventuale superamento del debito formativo. E, con questo, la scuola è davvero finita, anche per il prof.
PS: ma "si finisce" anche: nella mattinata, sempre di domani, i primi test per la verifica dell'eventuale superamento del debito formativo. E, con questo, la scuola è davvero finita, anche per il prof.
venerdì 27 giugno 2008
Figli di Google
Lo diceva anche Nietzsche: «Gli strumenti con i quali scriviamo prendono parte alla formazione dei nostri pensieri». Sull'importanza dei motori di ricerca e dell'arrivo dei barbari...
giovedì 26 giugno 2008
Due commenti sulla maturità
Prima, durante ed al termine della sessione dantesca c'è stata l'occasione per scambiare qualche valutazione in merito agli esiti degli scritti. Non essendo commissario interno, ho pochi strumenti per poter entrare nello specifico dei singoli voti: mi auguro che a ciascuno, durante l'orale, sia dato modo di verificare quanto fatto, fornendo un adeguato supporto alla valutazione. Due cose, però, mi hanno leggermente infastidito:
1) come preannunciato, i discorsi di inizio d'anno sul "basta che ne esca" si fanno, come al solito, meno frequenti e il confronto (interno ed esterno) suscita malumori e incazzature
2) che a prendersela di più siano coloro che, magari puntando verso l'alto, hanno preso meno del previsto, dopo che per un anno hanno rotto le palle sostanzialmente fregandosene, spesso, dell'attività in classe.
Posso capire che le aspettative siano state, in alcuni casi, deluse e, in altri casi invece (purtroppo meno numerosi), si sia ottenuto più di quanto si fosse sperato. Mi spiace che chi ha lavorato per anni con serietà e passione, non sempre abbia potuto vedere del tutto riconosciuto il proprio lavoro (ma, ce lo siamo detti spesso, l'esame è UNA prova e il suo peso sono gli 80/100 che si possono guadagnare); credo invece che un po' di silenzio, ora, debbano farlo quelli che hanno (stra)parlato durante l'anno e che, se fossero stati un po' più attenti anche alle sollecitazioni fatte loro, avrebbero potuto affrontare la prova con una migliore preparazione. Non mi metterei a fare confronti dopo che per un anno ho avuto come criterio di riferimento solo me stesso...
1) come preannunciato, i discorsi di inizio d'anno sul "basta che ne esca" si fanno, come al solito, meno frequenti e il confronto (interno ed esterno) suscita malumori e incazzature
2) che a prendersela di più siano coloro che, magari puntando verso l'alto, hanno preso meno del previsto, dopo che per un anno hanno rotto le palle sostanzialmente fregandosene, spesso, dell'attività in classe.
Posso capire che le aspettative siano state, in alcuni casi, deluse e, in altri casi invece (purtroppo meno numerosi), si sia ottenuto più di quanto si fosse sperato. Mi spiace che chi ha lavorato per anni con serietà e passione, non sempre abbia potuto vedere del tutto riconosciuto il proprio lavoro (ma, ce lo siamo detti spesso, l'esame è UNA prova e il suo peso sono gli 80/100 che si possono guadagnare); credo invece che un po' di silenzio, ora, debbano farlo quelli che hanno (stra)parlato durante l'anno e che, se fossero stati un po' più attenti anche alle sollecitazioni fatte loro, avrebbero potuto affrontare la prova con una migliore preparazione. Non mi metterei a fare confronti dopo che per un anno ho avuto come criterio di riferimento solo me stesso...
Dante 2 – la vendetta
Proseguiamo e terminiamo la rilettura dei canti del Paradiso di Dante il prossimo mercoledì 2 luglio alle ore 14 a scuola.
Nella cartella online è disponibile il file con gli schemi delle strutture narrative dei gialli analizzati.
Le parafrasi ed i commenti ai canti del Paradiso, qui!
Nella cartella online è disponibile il file con gli schemi delle strutture narrative dei gialli analizzati.
Le parafrasi ed i commenti ai canti del Paradiso, qui!
martedì 24 giugno 2008
Giudizio finale
Nel rito della relazione di fine anno c'è posto per un passo di colore e per lasciare indicazioni operative su come gestire (e, soprattutto, quanto "caricare") le interrogazioni orali di italiano in una classe. Di seguito si parla di (ex)quarta.
«I risultati scolastici sono stati influenzati anche dalle modalità di organizzazione delle verifiche orali; al termine dell’anno, superata una certa difficoltà iniziale, è stato possibile riprendere con le interrogazioni programmate che, pur nella vastità del programma oggetto di verifica, hanno permesso agli alunni un accostamento più sistematico e proficuo alle testimonianze letterarie.»
lunedì 23 giugno 2008
Reminder!
Mercoledì pomeriggio, dalle 14:
· full immersion nel Paradiso di Dante
· una passeggiata nel giallo.
Per chi, di quinta, volesse esserci.
· full immersion nel Paradiso di Dante
· una passeggiata nel giallo.
Per chi, di quinta, volesse esserci.
sabato 21 giugno 2008
Di donne & ballerini russi
Sulla poesia di Montale, l'ispettrice del ministero racconta di aver "preparato una nota per il ministro che è rimasta lettera morta", in cui spiegava che "la lirica di Montale, originariamente, era ispirata al ballerino russo che aveva colpito il poeta per le sue movenze femminee" ma nell'ultima versione di Ossi di seppia il poeta aveva cancellato tutte le dediche per esaltare "il ruolo salvifico dell'amore assoluto di cui è capace solo una donna. L'uomo non è il maschio, ma l'essere umano". Al massimo, quindi, una "imprecisione", non un errore, tant'è che al suo ufficio non è arrivata "nessuna segnalazione, nessun rilievo nei confronti della traccia". E comunque, "c'erano tutti gli elementi della poetica di Montale con cui i ragazzi potevano costruire il tema".
giovedì 19 giugno 2008
Tutto si ripete
Lo scorso anno l'errore nella prova di italiano c'era stato: una domanda fuorviante che, opportunamente "contestata" da alcuni candidati e candidate, nella nostra commissione li aveva condotti direttamente sulla soglia dei 15 quindicesimi.
Per non smentirsi, gli esperti del Ministero si sono ben impegnati anche quest'anno: per fortuna c'è Giovanni Pacchiano che, per primo, dalle colonne online del Sole 24 ore ha scoperto l'errore. Come giustificare, se non con un dedicatario maschile, il quinto verso "Codesto è il mio ricordo; non saprei dire, o lontano"?
Mi auguro che anche quest'anno qualcuno degli alunni abbia beccato l'inghippo; alla peggio, consoliamoci. Nessuno dei critici chiamati a commentare la prova se la sente di buttare la croce addosso ai candidati; rivolgendosi a loro De Rienzo sul Corriere scrive:"Con esperti ministeriali così poco competenti, il vostro tema meriterà comunque un punteggio pieno"; Brasioli su L'Eco di Bergamo rilancia: "Coraggio, ragazzi! Mal che vi vada, se riuscite a cannare del tutto l'interpretazione di una o più poesie, un posto al Ministero non ve lo toglie nessuno.".
'Azz, ed oggi la seconda prova...
Per non smentirsi, gli esperti del Ministero si sono ben impegnati anche quest'anno: per fortuna c'è Giovanni Pacchiano che, per primo, dalle colonne online del Sole 24 ore ha scoperto l'errore. Come giustificare, se non con un dedicatario maschile, il quinto verso "Codesto è il mio ricordo; non saprei dire, o lontano"?
Mi auguro che anche quest'anno qualcuno degli alunni abbia beccato l'inghippo; alla peggio, consoliamoci. Nessuno dei critici chiamati a commentare la prova se la sente di buttare la croce addosso ai candidati; rivolgendosi a loro De Rienzo sul Corriere scrive:"Con esperti ministeriali così poco competenti, il vostro tema meriterà comunque un punteggio pieno"; Brasioli su L'Eco di Bergamo rilancia: "Coraggio, ragazzi! Mal che vi vada, se riuscite a cannare del tutto l'interpretazione di una o più poesie, un posto al Ministero non ve lo toglie nessuno.".
'Azz, ed oggi la seconda prova...
Ripasso Dante & giallo
Sperando che tutto vada per il meglio, propongo alle fanciulle ed ai fanciulli interessati un pomeriggio di full-immersion in Dante e nel percorso sul giallo mercoledì 25 giugno dalle ore 14 a scuola. (Martedì, per precedenti impegni di cui m'ero dimenticato, non posso).
Aspetto eventuali conferme in mail.
Un saluto
Aspetto eventuali conferme in mail.
Un saluto
Commosso, ringrazio
martedì 10 giugno 2008
lunedì 9 giugno 2008
Finito il liceo...
...si scopre che ci si immatricola ancora al liceo...
Beh, non la direi una prospettiva consolante.
Beh, non la direi una prospettiva consolante.
sabato 7 giugno 2008
Sulla questione dei debiti
Scrive il Dirigente dell'Ufficio Scolastico Provinciale di Bergamo:
è fondamentale procedere ad una valutazione complessiva dello studente, che non sia legata solo agli esiti scolastici della singola disciplina e che tenga conto della progressione nell’apprendimento evidenziata dallo studente lungo tutto l’anno scolastico, anche all’interno delle attività di sostegno e recupero realizzate. Accanto alle eventuali valutazioni insufficienti dello studente è necessario tenere nella giusta considerazione anche i suoi crediti, il suo impegno, le sue potenzialità, in una logica di successo formativo, di processo orientativo e di progetto di vita.
Pertanto, ribadisco che un’insufficienza agli scrutini di giugno non deve tradursi automaticamente in un debito formativo, ma la decisone finale del Consiglio di Classe deve essere attentamente approfondita e soppesata in relazione alle effettive possibilità di recupero del singolo studente.
Adieu, diplomà...

giovedì 5 giugno 2008
Lavori estivi per (ex)terza e (ex)quarta

Dal sito del Ministero dell’Istruzione (www.istruzione.it) recuperare il testo delle proposte presentate per l’Esame finale di Stato e svolgere due lavori, seguendo le indicazioni specifiche reperibili nel documento e quelle generali date nel corso dell’anno. I lavori sono da consegnare all’inizio delle lezioni. Se si scelgono due prove di tipologia B, svilupparne una in forma di articolo di giornale e l'altra in forma di saggio breve.
Le letture per la terza
• I. Calvino (a cura), L’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto raccontato da Italo Calvino, Oscar Mondadori
• I. Calvino, Trilogia degli antenati
• Virgilio, Eneide, libro secondo, o quarto, o sesto (in traduzione italiana)
Le letture per la quarta
• A. Baricco, I Barbari – Saggio sulla mutazione, Universale Economica Feltrinelli
• A. Bennett, Una visita guidata, Adelphi
Per quanto riguarda la letteratura latina, è da leggere integralmente, in traduzione
• Apuleio, Metamorfosi
Durante l’anno saranno affrontati integralmente anche i seguenti romanzi:
• G. Verga, I Malavoglia
• I. Svevo, La coscienza di Zeno
• L. Pirandello, Il fu Mattia Pascal
• S. Vassalli, La chimera
Dal volume di storia della letteratura, leggere, comprendere e studiare il capitolo dedicato ad Alessandro Manzoni.
Le prime due settimane di lezione del prossimo anno scolastico verranno utilizzate per eventuali chiarimenti sul testo. Seguirà una verifica intesa a evidenziare le competenze di lettura, comprensione e studio del manuale.
martedì 3 giugno 2008
Ultimo test
Salvo errori & omissioni, i risultati del TVB di terza sono nella cartella, dato che domani non ci si vede...
A venerdì.
A venerdì.
lunedì 2 giugno 2008
Certi chiamati Romanes vanno la casa
In attesa delle superiori decisioni della Ministro e, credo, del Consiglio di Stato in merito alle modalità per il recupero dei debiti e sulla validità della famigerata "ordinanza Fioroni", un classico della filmografia demenziale, Brian di Nazareth dei Monty Phyton, ci aiuta a ripensare i corsi per il recupero di latino...
domenica 1 giugno 2008
Di topi e farfalle

Un giorno Chuang Tzu si addormentò e, mentre dormiva, sognò di essere una farfalla che volava in estasi.
E quella farfalla non sapeva di essere Chuang Tzu che sognava.
Poi Chuang Tzu si svegliò e, a giudicare dalle apparenze, era di nuovo se stesso, ma ora non sapeva se fosse un uomo che sognava di essere una farfalla o una farfalla che sognava di essere un uomo.
(Gli insegnamenti di Chuang Tzu)
L'esergo di Firmino, romanzo di Sam Savage.
A gentile richiesta
Dopo innumerevoli sollecitazioni, ho predisposto e lasciato nella cartella di terza il file pdf con i contenuti da verificare nell'ultimo TVB dell'anno.
venerdì 30 maggio 2008
Vacanze!

martedì 27 maggio 2008
Un aiuto per i lavori online
Da queste parti, cose del genere si fanno già...
Ci sono alunni che credo/spero ricordino...
Ci sono alunni che credo/spero ricordino...
lunedì 26 maggio 2008
Ventaglio
Nella cartella di quarta, due antitetiche recensioni sullo spettacolo che andremo a vedere domani.
domenica 25 maggio 2008
giovedì 22 maggio 2008
(Non ancora) in libreria
La mia prof di riferimento sta per uscire con un secondo volume che, dalla copertina, promette davvero gran bene...

Fine anno
C'è aria di chiusura anche in quarta: le ultime interrogazioni programmate (quelle con Foscolo e Leopardi...) sono appena partite e già si pensa ai compiti per le vacanze.
Tradizionale, l'esercitazione sulle prove che il Ministero assegnerà ai maturandi di quest'anno; abbastanza tradizionale anche l'elenco dei libri che si imparano ad apprezzare solo una volta superato l'obbligo scolastico (Verga, Pirandello, Svevo, Calvino). Ma, quest'anno, due new-entry, dopo i gialli dello scorso anno:
I barbari – saggio sulla mutazione, di A. Baricco, Universale Economica Feltrinelli
Una visita guidata di A. Bennett, Biblioteca Minima Adelphi.
Credo proprio non si possa scegliere di meglio, per la quarta.
Tradizionale, l'esercitazione sulle prove che il Ministero assegnerà ai maturandi di quest'anno; abbastanza tradizionale anche l'elenco dei libri che si imparano ad apprezzare solo una volta superato l'obbligo scolastico (Verga, Pirandello, Svevo, Calvino). Ma, quest'anno, due new-entry, dopo i gialli dello scorso anno:


Credo proprio non si possa scegliere di meglio, per la quarta.
Maturità – si comincia
A breve l’Ufficio Scolastico Provinciale di Bergamo (l’ex Provveditorato agli Studi) pubblicherà l’elenco definitivo delle commissioni dell’esame di maturità sul proprio sito internet www.istruzione.bergamo.it
La data prevista dal Ministero è lunedì 26 maggio.
La data prevista dal Ministero è lunedì 26 maggio.
sabato 17 maggio 2008
mercoledì 14 maggio 2008
Implosioni/Esplosioni
Un paio di sabati fa, in quarta, mi sono tenuto addosso lo scazzo per reazioni piuttosto inconsulte (almeno, a mio modesto modo di vedere) rispetto ad alcune proposte scolastiche, peraltro nemmeno del tutto comprese.
Oggi, al contrario, di fronte a un'obiezione malposta su una questione marginale (sempre a mio modesto avviso) ho "dato fuori".
Mi dà particolarmente fastidio perdere tempo con le recriminazioni (da maleducati) sulle stupidate.
Non credo di dovermi aspettare un grazie per l'attività che faccio; penso, però, di poter esigere almeno il rispetto. M'è parso che ce ne sia (stato) poco. Non è la prima volta: meglio, da oggi, (far) tenere le distanze.
Oggi, al contrario, di fronte a un'obiezione malposta su una questione marginale (sempre a mio modesto avviso) ho "dato fuori".
Mi dà particolarmente fastidio perdere tempo con le recriminazioni (da maleducati) sulle stupidate.
Non credo di dovermi aspettare un grazie per l'attività che faccio; penso, però, di poter esigere almeno il rispetto. M'è parso che ce ne sia (stato) poco. Non è la prima volta: meglio, da oggi, (far) tenere le distanze.
Les jeux sont faits
I programmi per le interrogazioni di fine anno di quarta (italiano) e quinta (italiano & latino) sono disponibili nelle relative cartelle.
Buon lavoro.
PS: e, nella cartella di quinta, c'è anche l'estratto del documento di maggio per quanto riguarda italiano e latino.
Buon lavoro.
PS: e, nella cartella di quinta, c'è anche l'estratto del documento di maggio per quanto riguarda italiano e latino.
domenica 11 maggio 2008
Dei sepolcri
Ringrazio Fabio che ha segnalato questo sito: ho scoperto che morirò lunedì 15 novembre 2049 alle 21:28, all'età di 82 anni, risucchiato e triturato da un aspirapolvere.
PS: mi viene segnalato, per i più foscoliani, lo stesso servizio con un'interfaccia più sepolcrale...
PS: mi viene segnalato, per i più foscoliani, lo stesso servizio con un'interfaccia più sepolcrale...
Ipotiposi
Recita Wikipedia:
L'ipotiposi (dal greco hypotýpōsis, «abbozzo, esposizione sommaria», derivato da hypotypóō, «plasmo, abbozzo»), è una figura retorica di pensiero che consiste nel descrivere una persona, un oggetto, un avvenimento o una situazione con una tale vivacità e ricchezza di particolari da offrirne quasi una rappresentazione visiva.Beh, nell'articolo di fondo di stamattina di Mario Giordano sul Giornale se ne trova un esempio:
Oriana Fallaci non ha pace. Meno di un anno fa a Milano le avevano dedicato un giardinetto. A settembre la targa con il suo nome è stata imbrattata con scritte vergognose. Ieri hanno fatto di peggio: quella targa l’hanno portata via. Purtroppo si sa che il mondo è pieno di persone così sceme che per castrarle ci vuol la ghigliottina (...)
domenica 4 maggio 2008
sabato 3 maggio 2008
Sembrava il V-Day
Alternativa 1: un’ora di cazzeggio (dato che, presumibilmente, domande non sarebbero arrivate).
Alternativa 2: un’ora di ripasso guidato (forzato, è vero…), che potesse dare qualche vantaggio, anche se presentata in forma hard.
Un insegnante serio non mette nemmeno in discussione le alternative e si adopera per ottenere un utile risultato.
Essere mandato affanculo prima che si sia capito cosa sta capitando spiace.
Ma, direi, aiuta.
PS: si potrebbe discutere sul fatto che lo scrivente sia un insegnante serio, ma questo è un altro argomento.
Alternativa 2: un’ora di ripasso guidato (forzato, è vero…), che potesse dare qualche vantaggio, anche se presentata in forma hard.
Un insegnante serio non mette nemmeno in discussione le alternative e si adopera per ottenere un utile risultato.
Essere mandato affanculo prima che si sia capito cosa sta capitando spiace.
Ma, direi, aiuta.
PS: si potrebbe discutere sul fatto che lo scrivente sia un insegnante serio, ma questo è un altro argomento.
mercoledì 23 aprile 2008
martedì 22 aprile 2008
Note per le "tesine"
Il file presentato nell'incontro dello scorso martedì è disponibile nella cartella di quinta.
Buon lavoro!
Buon lavoro!
lunedì 21 aprile 2008
Di gite e di mete
Ho lasciato nella cartella di quarta un articolo recentissimo tratto da La Repubblica in cui si tratta della situazione sempre più difficoltosa per l'organizzazione dei "viaggi di istruzione e cultura".
Pare ci sia qualcosa che riguarda anche noi...
Se ne parlava oggi in classe; spero di essere stato sufficientemente chiaro e, soprattutto, di non essermi sbagliato (ancora una volta...).
Pare ci sia qualcosa che riguarda anche noi...
Se ne parlava oggi in classe; spero di essere stato sufficientemente chiaro e, soprattutto, di non essermi sbagliato (ancora una volta...).
mercoledì 16 aprile 2008
Parentesi elettorale
(Fuori tema.)
Sarà contento, lei, ora che l'italia è tornata in mano a un delinquente amico del suo amico.
Più della metà della popolazione sarà contenta.
Invece noi "comunisti" (come chiamate voi chiunque guardi con senso critico le pagliacciate di Silvio e le uscite infelici del partito verde razzista e ignorante) saremo contenti nel corso di questi cinque anni, quando a mano a mano verrà fuori che l'Italia non starà propriamente migliorando, dal punto di vista economico, politico, etico, estetico. Saremo proprio contenti, rideremo di gusto, aspettando i funerali di Colui.
Solo un invito all'anonimo autore di questo intervento "fuori tema" a commento del post precedente: che ne dice di due parole per mail o di persona? perdere le elezioni dà sicuramente fastidio, ma questo non penso autorizzi a sparare giudizi su nessuno, soprattutto se grondanti livore. Perse le elezioni del 2006, ho aspettato di vedere la declinazione delle 280 pagine del programma, i 5 anni di legislatura garantiti dalla presidenza di Camera e Senato, gli incontri e i patti che segnavano ogni volta la ritrovata unità delle forze dell'allora maggioranza, il dodecalogo di Prodi, i ministri di lotta e di governo, ecc. Non ho augurato all'Italia di peggiorare, perché sarei stato come il marito che si evira per far dispetto alla moglie, tanto meno ho auspicato «i funerali del Colaltro».
Non credo di essere un maestro di buone maniere; spero però di aver dato modo a chi mi conosce di confrontarsi, se di diversa idea politica, con una persona in grado di ammettere gli errori e le difficoltà della propria area. Sono sempre partito dalla convinzione che non ci sia una "superiorità antropologica" in questa o nell'altra parte dello schieramento politico, ma una reazione del genere, quando a perdere sono i "comunisti" (citazione ironica, sia chiaro...), mi convince sempre più sulla bontà dello stare dall'altra parte...
martedì 15 aprile 2008
Di gita (ed arrivi & partenze)
Confido sempre nel fatto che le gite (o meglio: i «viaggi di istruzione e cultura») contribuiscano a avvicinare un po' prof ed alunne/i, in genere separati dalla presenza di cattedra e predella.
È successo ancora, a Firenze, con la quarta: una bella gita, con la sosta a Siena, la location in un albergo sui generis, l'attribuzione del compito di commentare e spiegare opere d'arte, emergenze culturali ed architetture a ciascun partecipante. È andata bene, davvero bene. No ritardi, pochi scazzi, quasi nessuna incomprensione.
Credo opportuno, vista la grafomania di alcune penne di quarta, lasciare ai loro blog/diari/twitter o che altro i rendiconti puntuali, i commenti critici, gli elenchi delle cazzate ed i complimenti per lo spirito di gruppo. Io mi limito a un apprezzamento generalizzato cui ciascuno (come si trattasse dell'idea platonica) partecipa in grado diverso.
PS: ringrazio in particolar modo coloro con cui ci sono state più occasioni di colloquio e frequentazione. Ho spesso l'impressione che l'attività in classe, per quanto mi riguarda, venga tollerata a malapena (e che quindi le parole crociate siano come il provvidenziale deodorante per gli ambienti chiusi – sempre che non se ne rompa il contenitore in pullman...); questo è uno dei motivi che mi fa pensare alla necessità di cambiare aria (per restare nel campo semantico della metafora del deodorante). Il paesama, per i futuri quintani, potrebbe ereggersi più suggestivo.
È successo ancora, a Firenze, con la quarta: una bella gita, con la sosta a Siena, la location in un albergo sui generis, l'attribuzione del compito di commentare e spiegare opere d'arte, emergenze culturali ed architetture a ciascun partecipante. È andata bene, davvero bene. No ritardi, pochi scazzi, quasi nessuna incomprensione.
Credo opportuno, vista la grafomania di alcune penne di quarta, lasciare ai loro blog/diari/twitter o che altro i rendiconti puntuali, i commenti critici, gli elenchi delle cazzate ed i complimenti per lo spirito di gruppo. Io mi limito a un apprezzamento generalizzato cui ciascuno (come si trattasse dell'idea platonica) partecipa in grado diverso.
PS: ringrazio in particolar modo coloro con cui ci sono state più occasioni di colloquio e frequentazione. Ho spesso l'impressione che l'attività in classe, per quanto mi riguarda, venga tollerata a malapena (e che quindi le parole crociate siano come il provvidenziale deodorante per gli ambienti chiusi – sempre che non se ne rompa il contenitore in pullman...); questo è uno dei motivi che mi fa pensare alla necessità di cambiare aria (per restare nel campo semantico della metafora del deodorante). Il paesama, per i futuri quintani, potrebbe ereggersi più suggestivo.
martedì 8 aprile 2008
Punto e virgola
Parlavamo in quarta ieri dell'articolo di Citati su Repubblica in risposta a quello di Bartezzaghi.
Per avere un quadro della questione e anche qualcosa in più rispetto al testo che abbiamo visto, niente di meglio che guardare qui! (punto)
Per avere un quadro della questione e anche qualcosa in più rispetto al testo che abbiamo visto, niente di meglio che guardare qui! (punto)
mercoledì 2 aprile 2008
In periodo di anniversari
A scuola la Dratti e la Cavralli cercavano di forzarci con sempre più insistenza ad assorbire teoremi e declinazioni; lavoravano sui riflessi condizionati, i processi meccanici dei nostri cervelli. Guido diceva: «Sono come commesse di una vecchissima drogheria. Vanno avanti a vendere senza la minima grazia e non le sfiora nemmeno il dubbio che la merce sia avariata e la clientela originaria tutta estinta».
Così Andrea De Carlo in Due di due sul clima della contestazione studentesca del '68.
Così Andrea De Carlo in Due di due sul clima della contestazione studentesca del '68.
domenica 30 marzo 2008
Parole in libertà

Considerato l'interesse suscitato ieri, suggerisco un salto a
un'antologia di testi futuristi;
Zang tumb tumb, ovvero l'assedio di Adrianopoli, letto non più da Dario ma dalla (viva...) voce dell'autore.
mercoledì 26 marzo 2008
È partito
Il giorno del suo avvio il sito che aiuta a capire quale sia la propria posizione, elettoralmente parlando, è in sovraccarico.
È un bene che molti si vogliano informare, un problema il fatto che in molti ci chiediamo dove siamo andati a finire.
È un bene che molti si vogliano informare, un problema il fatto che in molti ci chiediamo dove siamo andati a finire.
«È un casino...»
Tra gite cui partecipo e gite cui non partecipo ma che prevedono sostituzioni, il calendario delle prossime due settimane è sufficientemente sconvolto (oltre a non essere ancora di mia conoscenza).
Per il "giro" di quinta, allora, ci sistemiamo venerdì/sabato a scuola, sempre che il calendario sia stato definito dagli organi superiori.
Nel frattempo, conviene portarsi avanti con queste sommarie indicazioni sui contenuti generali (ricordando i testi letti ed analizzati insieme in classe):
Decadentismo
D'Annunzio
Pascoli
Pirandello – tutto Il fu Mattia Pascal
Svevo – tutta La coscienza di Zeno
Per il "giro" di quinta, allora, ci sistemiamo venerdì/sabato a scuola, sempre che il calendario sia stato definito dagli organi superiori.
Nel frattempo, conviene portarsi avanti con queste sommarie indicazioni sui contenuti generali (ricordando i testi letti ed analizzati insieme in classe):
Decadentismo
D'Annunzio
Pascoli
Pirandello – tutto Il fu Mattia Pascal
Svevo – tutta La coscienza di Zeno
martedì 25 marzo 2008
Benemerito! Chi?
Un grande giornale come il Corriere della Sera, quando rende disponibile gratuitamente online il suo archivio storico digitale dal 1992 ad oggi.
Morire di rave a 19 anni in nome di un rito stanco
Ci sono articoli che fanno male perché fanno pensare...
Questo, su La Repubblica di oggi, è un gran commento.
di MICHELE SERRA
TUTTE le culture, in tutte le epoche, hanno avuto i loro baccanali. Momenti di "sballo" collettivo che liberano dalle regole, sfrenano i corpi, accendono gli spiriti. I rave-party, così come si sono evoluti in un breve arco di tempo, sono un baccanale triste. Triste come la sconfitta culturale delle controculture giovanili che li hanno inventati e via via abbandonati.
Li hanno via via abbandonati alla deriva masochista delle droghe (soprattutto intrugli di sintesi) e del compiacimento autodistruttivo.
Quando nacquero, nelle zone degli Stati Uniti in crisi industriale, sotto gli enormi scheletri delle fabbriche dismesse e in anni di pesante disoccupazione, volevano essere una risposta corale e alternativa all'aura di morte sociale che incombeva su luoghi e persone. Ballare per ore, a volte per giorni, proprio là dove la società industriale lasciava solo rovine e vuoto.
Riempire quel vuoto con il battito simbolico della musica techno, spesso nata assemblando suoni urbani (sirene, clangori, effetti metallici) reiterati fino allo sfinimento. L'agitazione sfrenata dei corpi che riempie il nulla, lo contrasta, gli si rivolge contro. L'energia e l'adrenalina delle masse giovanili urbane che rifiuta di dismettersi assieme alla produzione. Un significato politico neanche troppo sotteso, anzi rivendicato: "Noi" non accettiamo il silenzio e la stasi che "voi" imponete alle macchine. Noi non vogliamo arrugginire. Noi vogliamo vivere e godere.
E il post-industriale americano e poi europeo si animò delle ombre irrequiete dei ravers, che danzavano sotto le volte scarnificate delle fabbriche abbandonate, in perenne conflitto con leggi (anche appositamente varate), polizia, popolazioni confinanti assordate dal battito e disgustate dalla quantità inverosimile di rifiuti e deiezioni che il rave lasciava sul posto: fenomeno non sorretto, quest'ultimo da alcuna giustificazione "alternativa", e anzi quasi una inconscia firma di indegnità collettiva della quale è molto difficile vantarsi...
Il problema è che, come spesso accade ai propositi radicalmente alternativi, anche i rave hanno finito per imboccare la strada dell'auto-parodia. La frenesia voluta, cercata, rivendicata, è diventata una penosa (e pericolosa) ossessione prestazionale, come se ammazzarsi di rumore, di stanchezza, di "sballo" fosse una sfida alle convenzioni e non alla salute fisica e psichica. La resistenza alle droghe e alla fatica è stata spinta ben oltre il muro della logica. E - soprattutto - il mito quasi sciamanico della "trance" si è sovrapposto, col tempo, all'intenzione originaria, che era quella di una rappresentazione di energia di massa, quasi una riedizione "statica" dei cortei degli anni Settanta: un corteo politico stanziale, con la techno al posto degli slogan, ma in qualche caso anche cortei in piena regola, rave-parade urbane come quella che ha dato tanti grattacapi a Cofferati negli ultimi anni sfilando per le strade di Bologna.
"Uscire di testa" è diventato il mezzo e pure il fine, forse la sola porta d'uscita di una contro-cultura che ama rappresentare la società come la più cupa e fredda delle galere: tanto vale cercare un varco psichico, ennesima versione (però incupita, nera, esiziale) del sogno lisergico di Leary e dei freaks visionari dei Sessanta. In tanti caddero lungo la strada, in tanti cadono ancora.
Il rave di Segrate era, in questo senso, tipicissimo. Il capannone dismesso, lo squallore dei non-luoghi periferici inteso come teatro ideale della lunga cavalcata in arcione alla notte, alla musica e alla chimica. La rivendicazione di uno spazio e di un tempo entrambi non dati.
Detto cinicamente, meglio lì che nei luoghi naturali così spesso massacrati dai rave, come i prati alpini spopolati di flora e fauna dopo il passaggio di decine di migliaia di ballerini tristi, e trasformati in discariche d'alta quota. Assai meno cinicamente, c'è da compiangere il ragazzo di diciannove anni stroncato da chissà quali porcherie, e da soccorrere i molti altri collassati, quelli che il rave, come un corpaccione sordo e sfrenato, proietta ai suoi margini, scorie umane che non reggono il ritmo infernale, ennesima metafora della ferocia meccanica di una fabbrica ormai inesistente. Caduti del non-lavoro.
(25 marzo 2008)
Questo, su La Repubblica di oggi, è un gran commento.
di MICHELE SERRA
TUTTE le culture, in tutte le epoche, hanno avuto i loro baccanali. Momenti di "sballo" collettivo che liberano dalle regole, sfrenano i corpi, accendono gli spiriti. I rave-party, così come si sono evoluti in un breve arco di tempo, sono un baccanale triste. Triste come la sconfitta culturale delle controculture giovanili che li hanno inventati e via via abbandonati.
Li hanno via via abbandonati alla deriva masochista delle droghe (soprattutto intrugli di sintesi) e del compiacimento autodistruttivo.
Quando nacquero, nelle zone degli Stati Uniti in crisi industriale, sotto gli enormi scheletri delle fabbriche dismesse e in anni di pesante disoccupazione, volevano essere una risposta corale e alternativa all'aura di morte sociale che incombeva su luoghi e persone. Ballare per ore, a volte per giorni, proprio là dove la società industriale lasciava solo rovine e vuoto.
Riempire quel vuoto con il battito simbolico della musica techno, spesso nata assemblando suoni urbani (sirene, clangori, effetti metallici) reiterati fino allo sfinimento. L'agitazione sfrenata dei corpi che riempie il nulla, lo contrasta, gli si rivolge contro. L'energia e l'adrenalina delle masse giovanili urbane che rifiuta di dismettersi assieme alla produzione. Un significato politico neanche troppo sotteso, anzi rivendicato: "Noi" non accettiamo il silenzio e la stasi che "voi" imponete alle macchine. Noi non vogliamo arrugginire. Noi vogliamo vivere e godere.
E il post-industriale americano e poi europeo si animò delle ombre irrequiete dei ravers, che danzavano sotto le volte scarnificate delle fabbriche abbandonate, in perenne conflitto con leggi (anche appositamente varate), polizia, popolazioni confinanti assordate dal battito e disgustate dalla quantità inverosimile di rifiuti e deiezioni che il rave lasciava sul posto: fenomeno non sorretto, quest'ultimo da alcuna giustificazione "alternativa", e anzi quasi una inconscia firma di indegnità collettiva della quale è molto difficile vantarsi...
Il problema è che, come spesso accade ai propositi radicalmente alternativi, anche i rave hanno finito per imboccare la strada dell'auto-parodia. La frenesia voluta, cercata, rivendicata, è diventata una penosa (e pericolosa) ossessione prestazionale, come se ammazzarsi di rumore, di stanchezza, di "sballo" fosse una sfida alle convenzioni e non alla salute fisica e psichica. La resistenza alle droghe e alla fatica è stata spinta ben oltre il muro della logica. E - soprattutto - il mito quasi sciamanico della "trance" si è sovrapposto, col tempo, all'intenzione originaria, che era quella di una rappresentazione di energia di massa, quasi una riedizione "statica" dei cortei degli anni Settanta: un corteo politico stanziale, con la techno al posto degli slogan, ma in qualche caso anche cortei in piena regola, rave-parade urbane come quella che ha dato tanti grattacapi a Cofferati negli ultimi anni sfilando per le strade di Bologna.
"Uscire di testa" è diventato il mezzo e pure il fine, forse la sola porta d'uscita di una contro-cultura che ama rappresentare la società come la più cupa e fredda delle galere: tanto vale cercare un varco psichico, ennesima versione (però incupita, nera, esiziale) del sogno lisergico di Leary e dei freaks visionari dei Sessanta. In tanti caddero lungo la strada, in tanti cadono ancora.
Il rave di Segrate era, in questo senso, tipicissimo. Il capannone dismesso, lo squallore dei non-luoghi periferici inteso come teatro ideale della lunga cavalcata in arcione alla notte, alla musica e alla chimica. La rivendicazione di uno spazio e di un tempo entrambi non dati.
Detto cinicamente, meglio lì che nei luoghi naturali così spesso massacrati dai rave, come i prati alpini spopolati di flora e fauna dopo il passaggio di decine di migliaia di ballerini tristi, e trasformati in discariche d'alta quota. Assai meno cinicamente, c'è da compiangere il ragazzo di diciannove anni stroncato da chissà quali porcherie, e da soccorrere i molti altri collassati, quelli che il rave, come un corpaccione sordo e sfrenato, proietta ai suoi margini, scorie umane che non reggono il ritmo infernale, ennesima metafora della ferocia meccanica di una fabbrica ormai inesistente. Caduti del non-lavoro.
(25 marzo 2008)
lunedì 24 marzo 2008
Vite di scarto
Si parlava due settimane fa, in quarta, di politiche dell'immigrazione.
Questo passo, tratto dalla pag. 72 di Vite di scarto di Zygmunt Bauman (Laterza, 2005), può essere un ulteriore spunto di riflessione.
Questo passo, tratto dalla pag. 72 di Vite di scarto di Zygmunt Bauman (Laterza, 2005), può essere un ulteriore spunto di riflessione.
Si noti che gli immigrati si adattano allo scopo assai meglio di qualsiasi altra forma di cattivi, veri o presunti. Vi è una specie di «affinità elettiva» fra gli immigrati (i rifiuti umani di regioni remote scaricati nei «nostri cortili») e le meno sopportabili fra le paure che costruiamo in casa nostra. Quando tutti i posti di lavoro sono precari e considerati non più sicuri, la vista degli immigrati è come il sale sulle piaghe. Gli immigrati, ed in particolare quelli arrivati da poco, emanano il leggero tanfo di discarica che, nelle sue varie versioni, turba i sonno delle future vittime dell'accresciuta vulnerabilità. Per chi li odia e li attacca, gli immigrati incarnano – in modo visibile, tangibile, nel corpo– il presentimento inespresso, ma penoso e doloroso, della loro stessa smaltibilità. Si sarebbe tentati di dire che, se non ci fossero immigrati che bussano alle porte, bisognerebbe inventarli... perché offrono ai governo un ideale «altro deviante», un bersaglio quanto mai gradito per le «tematiche scelte con cura su cui impostare le loro campagne».
Oggetti di carta stampata

Cesare De Marchi, Romanzi • Leggerli, scriverli, Feltrinelli 2007, pag. 128
Di Italiani, corna e zebedei

Fa un po' strano vedersi rappresentati così...
domenica 23 marzo 2008
Boccaccio & Catullo
Per fanciulle e fanciulli di terza, ricordo gli impegni assegnati per italiano:
finire la novella di Frate Cipolla (T13, pag. 567)
leggere le novelle di Tandredi e Ghismunda (T7, pag. 536) e Lisabetta da Messina (T8, pag. 545);
provare a inventare una novella.
Quanto a latino:
si confronti uno dei carmi di Catullo con un testo (poetico, musicale, ecc.) ritenuto particolarmente significativo, evidenziando i motivi dell'accostamento ed i caratteri specifici dei brani presentati.
finire la novella di Frate Cipolla (T13, pag. 567)
leggere le novelle di Tandredi e Ghismunda (T7, pag. 536) e Lisabetta da Messina (T8, pag. 545);
provare a inventare una novella.
Quanto a latino:
si confronti uno dei carmi di Catullo con un testo (poetico, musicale, ecc.) ritenuto particolarmente significativo, evidenziando i motivi dell'accostamento ed i caratteri specifici dei brani presentati.
Attualità dell'elegia
Una conversazione recente, che illustra le modalità del lavoro da svolgere in quarta.
M.A.: prof, avrei bisogno di un chiarimento su latino
Beppe: ciao, dimmi
M.A.: dobbiamo fare un parallelismo tra un tema di uno dei due canti assegnati e una canzone a nostra scelta, giusto?
Beppe: sostanzialmente sì
Beppe: leggi le due elegie
Beppe: scegline una che possa "prendere"
M.A.: se la canzone che scelgo tratta molteplici temi non devo trattarli tutti, ma solo quello che li accomuna
Beppe: quella di Tibullo è più varia di temi; Properzio mi sembra più monotono
Beppe: prendi uno spunto, verifica come viene trattato nel testo da cui parti (senza dimenticare il latino, se disponibile)
Beppe: e fa' un paragone con il testo che hai scelto tu; se è altrettanto vario, vedi di motivare la selezione
Beppe: (e, magari, il perché certi temi vengano "affogati" tra altri)
Beppe: dimmi che mi sono spiegato
M.A.: per cui devo commentare solo il tema visto da due punti di vista diversi
Beppe: non puoi prescindere dai testi da cui parli
Beppe: *parti
M.A.: in che senso?
Beppe: esempio:
Beppe: se dovessi commentare la peste nei Promessi Sposi e nel Decameron
Beppe: è vero che puoi trattare del tema, ma non è corretto fingere che non sia contestualizzato in maniere ben differenti tra loro
M.A.: per cui devo tenere conto anche del contesto, una ricerca di costanti nonostante i diversi periodi di tempo
Beppe: beh, per la peste la cosa è più semplice
(...)
M.A.: prof, avrei bisogno di un chiarimento su latino
Beppe: ciao, dimmi
M.A.: dobbiamo fare un parallelismo tra un tema di uno dei due canti assegnati e una canzone a nostra scelta, giusto?
Beppe: sostanzialmente sì
Beppe: leggi le due elegie
Beppe: scegline una che possa "prendere"
M.A.: se la canzone che scelgo tratta molteplici temi non devo trattarli tutti, ma solo quello che li accomuna
Beppe: quella di Tibullo è più varia di temi; Properzio mi sembra più monotono
Beppe: prendi uno spunto, verifica come viene trattato nel testo da cui parti (senza dimenticare il latino, se disponibile)
Beppe: e fa' un paragone con il testo che hai scelto tu; se è altrettanto vario, vedi di motivare la selezione
Beppe: (e, magari, il perché certi temi vengano "affogati" tra altri)
Beppe: dimmi che mi sono spiegato
M.A.: per cui devo commentare solo il tema visto da due punti di vista diversi
Beppe: non puoi prescindere dai testi da cui parli
Beppe: *parti
M.A.: in che senso?
Beppe: esempio:
Beppe: se dovessi commentare la peste nei Promessi Sposi e nel Decameron
Beppe: è vero che puoi trattare del tema, ma non è corretto fingere che non sia contestualizzato in maniere ben differenti tra loro
M.A.: per cui devo tenere conto anche del contesto, una ricerca di costanti nonostante i diversi periodi di tempo
Beppe: beh, per la peste la cosa è più semplice
(...)
martedì 11 marzo 2008
In preparazione al penultimo giro
Ultime aggiunte, nella cartella di quinta:
La siepe di Pascoli
Meriggio di d'Annunzio
I pensionati della memoria di Pirandello
La trappola di Pirandello
La siepe di Pascoli
Meriggio di d'Annunzio
I pensionati della memoria di Pirandello
La trappola di Pirandello
lunedì 10 marzo 2008
Desktop e partiti (via metafora)
Proseguendo la discussione di stamattina:
1) il link con i manifesti elettorali;
2) nella cartella apposita, il file sulle metafore alla base dei sistemi operativi, disponibile anche direttamente qui.
Il lavoro, da presentare per lunedì, consiste nel prendere un manifesto elettorale ed analizzarne forma e contenuti, sottolineandone allusioni, sottintesi, messaggi, claim, ecc.
Per facilitarvi l'opera, nella cartella di quarta, potete trovare un'analisi comparativa su gran parte dei manifesti disponibili a oggi.
1) il link con i manifesti elettorali;
2) nella cartella apposita, il file sulle metafore alla base dei sistemi operativi, disponibile anche direttamente qui.
Il lavoro, da presentare per lunedì, consiste nel prendere un manifesto elettorale ed analizzarne forma e contenuti, sottolineandone allusioni, sottintesi, messaggi, claim, ecc.
Per facilitarvi l'opera, nella cartella di quarta, potete trovare un'analisi comparativa su gran parte dei manifesti disponibili a oggi.
sabato 8 marzo 2008
Booba - Kiki

In un immaginario linguaggio alieno, quale delle due figure corrisponde al termine "booba"? e quale a "kiki"?
Provate a indovinare e poi date un'occhiata qui.
giovedì 6 marzo 2008
Perdersi per trovarsi
Gli anni scorsi l'iniziativa si è rivelata davvero utile: c'era chi si pensava di sinistra e, rispondendo alle domande, si trovava a destra; chi subiva il destino opposto.
Quest'anno la "semplificazione" del quadro politico produce, per converso, un maggior grado di complicazione: si inizia con l'inserire i temi, si aspettano le riposte dei vari soggetti interpellati e, dal 24 marzo, sarà possibile sperimentare ancora il sito "voisietequi", una bussola nel mare magnum dell'attuale politica italiana...
PS: nel frattempo, un salto in questa galleria di manifesti elettorali ritoccati non fa male...
Quest'anno la "semplificazione" del quadro politico produce, per converso, un maggior grado di complicazione: si inizia con l'inserire i temi, si aspettano le riposte dei vari soggetti interpellati e, dal 24 marzo, sarà possibile sperimentare ancora il sito "voisietequi", una bussola nel mare magnum dell'attuale politica italiana...
PS: nel frattempo, un salto in questa galleria di manifesti elettorali ritoccati non fa male...
giovedì 28 febbraio 2008
martedì 26 febbraio 2008
"Temi"
Nella cartella di terza, le 10 frasi tra cui scegliere quella da commentare per il prossimo 3 marzo.
Ci sono commenti che valgono come interventi
Credo che questo "commento" meriti una visibilità maggiore.
Ci sono, in questo commento, notevoli spunti di riflessione. Il conflitto "scientifico vs umanistico" richiede più tempo (e lucidità...) di quanto io ora abbia: per questo ora parto da qualche nota sull'ultima delle proposte. L'idea di insegnare ogni disciplina secondo un unico "asse storico" condiviso è suggestiva (mi ricordo le lunghe discussioni che, nei pomeriggi dei miei primi anni di insegnamento, facevo a questo riguardo con il mio ex-prof di italiano, cercando di concordare i programmi almeno delle materie di ambito umanistico...) ma materialmente impraticabile.
In un liceo, all'inizio del triennio, si affrontano le "nascite" delle letterature italiana, latina, inglese/francese ed, eventualmente, greca. Quattro momenti ben diversi nel tempo e nella storia, non riconducibili a unità se non nella prospettiva del confronto del processo generativo delle singole storie letterarie e, eventualmente, del progressivo spegnersi di una tradizione e del sorgere di una nuova forma espressiva. Non è possibile fare altrimenti. Altrimenti dovremmo ipotizzare, in un classico, di affrontare la letteratura greca dalle origini fino al periodo ellenistico e aprire solo in seconda battuta lo studio di quella latina (magari aspettando ancora un po' per vedere quella italiana...). In una scansione quinquennale forse si può pensare di simile, ma in un triennio, beh, risulta francamente impossibile. Lo spaesamento di cui si lamenta l'anonimo (iper)commentatore è, credo, la sfida di fronte alla quale si trova lo studente che non vuole essere sommerso dai dati: uno degli obiettivi che la scuola deve porsi è proprio quello di aiutare a sviluppare le capacità di analisi e di sintesi. È proprio in questo, e non nell'accumulo di nozioni la cui memoria va presto perduta, che sta la sfida di una scuola capace di chiedere molto a ciascuno (alunno & prof) ma anche di dare occasioni di confronto e crescita.
Ogni tanto, quando si sta al gioco e si è in grado di affrontare la fatica dell'impegno, capita che tutti, alla fine, vincano.
La mera conoscenza nozionistica di una materia, se non troverà un approfondimento e un’applicazione successive nell’univeristà e nel mondo del lavoro, nel giro di pochissimi anni sarà irrimediabilmente perduta! Personalmente di tutto lo studio di letteratura, filosofia, storia non mi rimangono che sprazzi di idee e concetti vaghi, nomi famosi, ai quali non so praticamente associare il motivo di tanta fama. Ed è una situazione davvero imbarazzante, in una società che identifica il concetto di “cultura” con il concetto di “cultura classica-letteraria” (anche se forse negli ultimi anni qualcosa sta cambiando in favore della “cultura scientifica”).
Dunque che senso ha studiare tanto per poi perdere tutto?
Io credo che il vero significato di puntare su una cultura generale un po’ meno specifica per ogni settore, ma con idee molto più chiare di interconnessione tra i vari studi, stia proprio qui. (Per la formazione specialistica, tanto, c’è l’univeristà!)
È un po’ come succede per gli alberi che vengono piantati sui pendii per prevenire le frane: tanto più le radici si intrecceranno tanto più il terreno rimarrà stabile. Quanto più si riuscirà a formare una cultura in grado di abbracciare i vari settori in una visione unitaria tanto più essa potrà consolidarsi e perdurare.
Il filo conduttore, la base su cui poter fondare una simile conoscenza non può che essere la storia.
Invece le materie scientifiche vengono sempre ed irrimediabilmente studiate “estrapolando i concetti dal loro contesto storico”. Errore gravissimo, principalmente perché si perde metà del fascino di queste materie, che potrebbero risultare interessanti anche a chi ha un animo più letterario; per contro le menti più scientifiche verrebbero aiutate a non perdere di vista le vicende umane e, oserei dire, la filosofia che stanno alla base di importanti scoperte.
Parallelamente le materie umanistiche lasciano pochissimo spazio alle vicende scientifiche, per quanto di notevole importanza. Quanti professori di storia, ad esempio, spiegando la seconda guerra mondiale, si ricordano di mettere nell’elenco degli eventi importanti, l’introduzione e la diffusione dell’ uso di sulfamidici e pennicillina? Si tratta di una vera e propria svolta epocale nel modo di concepire e curare le malattie. E’ la base dell’esplosivo progresso medico che ha portato l’aspettativa di vita agli attuali 80 anni, contro i 42 del secolo scorso, rivoluzionando decisamente la qualità oltre alla “quantità” di vita! E SCUSATE SE E’ POCO! Ma alla storia questo non interessa, ovviamente…
D’altronde lo vediamo bene anche noi, nel quotidiano, quanto sia assurdo pensare di scindere queste due realtà. La scienza è fatta da uomini e in quanto tali esseri dotati di sentimenti, speranze, sogni… Quando si sente nominare Einstein tutti pensiamo E=mc², ma nessuno si ricorda o si preoccupa del fatto che il più grande fisico di tutti i tempi era anche un grande filosofo! E gli “uomini di pensiero”? Beh, anche loro vivono nel mondo del progresso scientifico a nulla varrebbe negare che ne vengano influenzati (nei piccoli gesti e soprattuto nei grandi pensieri!)… sempre che non vogliano apparire anacronistici!
Ed è proprio questo il nocciolo della questione. Si parla sempre di “scientifico” VS “umanistico” senza rendersi conto di quanto questa divisione sia puramente didattica e fortemente controproducente. Se cercassimo di definire, nella storia, dove si colloca questa distinzione ci accorgeremmo che non esiste, perché inevitabilmente il pensiero scientifico ha influenzato quello umanistico e quello umanistico ha spronato la scienza. E’ necessario puntare sull’integrazione di questi due ambiti per ottenere quella capacità di fare interagire le varie discipline!
Purtroppo i programmi scolastici sembrano studiati apposta per mantenere le materie ben suddivise in compartimenti stagni. Non c’è mai corrispondenza. Lo studio della chimica inizia con il modello atomico: elaborato dalla meccanica quantistica nel 900; La fisica parte dalla meccanica di Galileo: metà 500; il programma di storia se non ricordo male inizia dalla cultura egizia…
In terza con la fisica si arriva all’800 con lo studio della termodinamica, mentre letteratura parte dal medioevo, e la filosofia viene introdotta con Parmenide e i grandi filosofi della grecia antica…
Mi rendo conto della difficoltà di gestire altrimenti le cose, ma non deve stupire, poi, che un povero studente faccia fatica a contestualizzare i vari studi e coglierne i collegamenti significativi. Forse solo alla fine della quinta, ammesso che uno riesca davvero a non dimenticare nulla di quello che ha studiato in 5 anni, potrebbe farsi un quadro generale. Da solo, ovviamente, perché nessun docente sarebbe in grado di fare quello che è richiesto agli studenti! Ogni prof infatti, forte della conoscenza specifica e approfondita della sua materia, si è auto-assolto da tanto tempo per aver dimenticato tutto quello che ha studiato al liceo… :-)
Ci sono, in questo commento, notevoli spunti di riflessione. Il conflitto "scientifico vs umanistico" richiede più tempo (e lucidità...) di quanto io ora abbia: per questo ora parto da qualche nota sull'ultima delle proposte. L'idea di insegnare ogni disciplina secondo un unico "asse storico" condiviso è suggestiva (mi ricordo le lunghe discussioni che, nei pomeriggi dei miei primi anni di insegnamento, facevo a questo riguardo con il mio ex-prof di italiano, cercando di concordare i programmi almeno delle materie di ambito umanistico...) ma materialmente impraticabile.
In un liceo, all'inizio del triennio, si affrontano le "nascite" delle letterature italiana, latina, inglese/francese ed, eventualmente, greca. Quattro momenti ben diversi nel tempo e nella storia, non riconducibili a unità se non nella prospettiva del confronto del processo generativo delle singole storie letterarie e, eventualmente, del progressivo spegnersi di una tradizione e del sorgere di una nuova forma espressiva. Non è possibile fare altrimenti. Altrimenti dovremmo ipotizzare, in un classico, di affrontare la letteratura greca dalle origini fino al periodo ellenistico e aprire solo in seconda battuta lo studio di quella latina (magari aspettando ancora un po' per vedere quella italiana...). In una scansione quinquennale forse si può pensare di simile, ma in un triennio, beh, risulta francamente impossibile. Lo spaesamento di cui si lamenta l'anonimo (iper)commentatore è, credo, la sfida di fronte alla quale si trova lo studente che non vuole essere sommerso dai dati: uno degli obiettivi che la scuola deve porsi è proprio quello di aiutare a sviluppare le capacità di analisi e di sintesi. È proprio in questo, e non nell'accumulo di nozioni la cui memoria va presto perduta, che sta la sfida di una scuola capace di chiedere molto a ciascuno (alunno & prof) ma anche di dare occasioni di confronto e crescita.
Ogni tanto, quando si sta al gioco e si è in grado di affrontare la fatica dell'impegno, capita che tutti, alla fine, vincano.
domenica 17 febbraio 2008
«Sulle tasse costruiamo il presente, ma è sulla scuola che ci giochiamo il futuro»
Si parlava, in quinta, di Quintiliano, dell'importanza della "politica scolastica" e della prossima consultazione elettorale...
Credo possa dare qualche spunto anche questo articolo di fondo, pubblicato oggi su L'Eco di Bergamo.
L'emergenza scolastica
di Alberto Krali
Education. A Tony Blair bastò una sola parola per vincere le sue prime elezioni. Dopo più di un decennio, eccola planare sulla campagna elettorale italiana. Fedele al motto «Meglio un uovo oggi che una gallina domani», la politica in Italia non si è mai posta il problema della scuola in modo serio. L'educazione è uno di quei settori dove non si pensa in termini di anni, ma quantomeno di lustri. Troppo per chi vuol monetizzare il voto e per l'esattezza subito. Anche in questa tornata elettorale al primo posto sono balzati il costo della vita e le tasse, ma immediatamente dopo arrivano i dati «Pisa». Su 40 Paesi esaminati, l'Italia è al 35° posto nella preparazione degli studenti. Sulle tasse costruiamo il presente, ma è sulla scuola che ci giochiamo il futuro dei giovani e quindi della nazione. Sono i nostri studenti impreparati? No, semplicemente si muovono a compartimenti stagni. Sanno molto o quasi di una disciplina, ma appena gliela fanno declinare con altri saperi vanno nel pallone. I loro colleghi europei ne sanno meno, ma sono in grado di far interagire le varie discipline. La matematica e la fisica non sono solo per pochi genietti se possono aiutare a decifrare i piccoli segreti dell'esperienza quotidiana, per esempio i colori e il tramonto del sole, gioco letteratura (Goethe) e scienza (Newton) insieme. Non si vuole lo scibile esaustivo del tema, basta suscitare interesse. Investire sul coinvolgimento dell'allievo per poi introdurre il metodo di lavoro. Nel tempo è quello che resta.
Ci vuole dunque passione e mestiere. La scuola italiana però nei decenni è passata dalla formazione alla fruizione. Per gli insegnanti così come per gli studenti è il voto che conta. Risultato: sanno tutto di grammatica, ma se chiedono loro che ore sono in lingua straniera diventano rossi. È l'insegnante un pedagogo? No, è diventato un impiegato. Se non sa compilare un formulario è un ignorante. Qualcuno gli ha mai chiesto, all'inizio della professione, se gli piaceva insegnare e soprattutto come pensava di farlo? No, perché ai fini della carriera non conta. Ore e ore a discutere per prendere una decisione di cinque minuti. L'assemblearismo sessantottino è ancora la regola della scuola italiana. Una questione ideologica. A nessuno è venuto in mente che quelle benedette 80 ore annuali possono essere impiegate in attività didattica, o più semplicemente di riconversione professionale, con esperienze all'estero per imparare come si lavora dalle altre parti. Prima le mani, poi il cuore, e solo dopo la testa: non è la corsia privilegiata degli ignoranti, è l'approccio pedagogico di Pestalozzi. Basta andare alla scuola svizzera, a quella tedesca o a quella scandinava per rendersene conto. Chi è in testa nella famosa graduatoria «Pisa»»?
I finlandesi, gli svedesi. Appunto. La scuola italiana non ha bisogno di grandi riforme. L'ultima, quella della Moratti, l'ennesima dopo quella di Berlinguer, ha registrato una guerra ideologica e non ha sortito particolari effetti sul piano dell'efficienza. Bastano piccoli interventi. Primo: motivare gli insegnanti. Chi lavora bene con le classi va premiato. Chi attesta il merito? Gli studenti, i genitori, una commissione indipendente esterna. Ci sono scuole buone, altre meno; ci sono regioni con buone scuole, altre con istituti scadenti. Nella Germania del federalismo un diploma in Baden-Wuerttemberg non è uguale a quello dell'Assia, e nei colloqui di lavoro se ne tiene conto. Nei Paesi anglosassoni è con la selezione che hanno ottenuto le migliori università, dove poi finiscono per approdare i rampolli della borghesia bene italiana. Concorrenza, ecco la parola.
Credo possa dare qualche spunto anche questo articolo di fondo, pubblicato oggi su L'Eco di Bergamo.
L'emergenza scolastica
di Alberto Krali
Education. A Tony Blair bastò una sola parola per vincere le sue prime elezioni. Dopo più di un decennio, eccola planare sulla campagna elettorale italiana. Fedele al motto «Meglio un uovo oggi che una gallina domani», la politica in Italia non si è mai posta il problema della scuola in modo serio. L'educazione è uno di quei settori dove non si pensa in termini di anni, ma quantomeno di lustri. Troppo per chi vuol monetizzare il voto e per l'esattezza subito. Anche in questa tornata elettorale al primo posto sono balzati il costo della vita e le tasse, ma immediatamente dopo arrivano i dati «Pisa». Su 40 Paesi esaminati, l'Italia è al 35° posto nella preparazione degli studenti. Sulle tasse costruiamo il presente, ma è sulla scuola che ci giochiamo il futuro dei giovani e quindi della nazione. Sono i nostri studenti impreparati? No, semplicemente si muovono a compartimenti stagni. Sanno molto o quasi di una disciplina, ma appena gliela fanno declinare con altri saperi vanno nel pallone. I loro colleghi europei ne sanno meno, ma sono in grado di far interagire le varie discipline. La matematica e la fisica non sono solo per pochi genietti se possono aiutare a decifrare i piccoli segreti dell'esperienza quotidiana, per esempio i colori e il tramonto del sole, gioco letteratura (Goethe) e scienza (Newton) insieme. Non si vuole lo scibile esaustivo del tema, basta suscitare interesse. Investire sul coinvolgimento dell'allievo per poi introdurre il metodo di lavoro. Nel tempo è quello che resta.
Ci vuole dunque passione e mestiere. La scuola italiana però nei decenni è passata dalla formazione alla fruizione. Per gli insegnanti così come per gli studenti è il voto che conta. Risultato: sanno tutto di grammatica, ma se chiedono loro che ore sono in lingua straniera diventano rossi. È l'insegnante un pedagogo? No, è diventato un impiegato. Se non sa compilare un formulario è un ignorante. Qualcuno gli ha mai chiesto, all'inizio della professione, se gli piaceva insegnare e soprattutto come pensava di farlo? No, perché ai fini della carriera non conta. Ore e ore a discutere per prendere una decisione di cinque minuti. L'assemblearismo sessantottino è ancora la regola della scuola italiana. Una questione ideologica. A nessuno è venuto in mente che quelle benedette 80 ore annuali possono essere impiegate in attività didattica, o più semplicemente di riconversione professionale, con esperienze all'estero per imparare come si lavora dalle altre parti. Prima le mani, poi il cuore, e solo dopo la testa: non è la corsia privilegiata degli ignoranti, è l'approccio pedagogico di Pestalozzi. Basta andare alla scuola svizzera, a quella tedesca o a quella scandinava per rendersene conto. Chi è in testa nella famosa graduatoria «Pisa»»?
I finlandesi, gli svedesi. Appunto. La scuola italiana non ha bisogno di grandi riforme. L'ultima, quella della Moratti, l'ennesima dopo quella di Berlinguer, ha registrato una guerra ideologica e non ha sortito particolari effetti sul piano dell'efficienza. Bastano piccoli interventi. Primo: motivare gli insegnanti. Chi lavora bene con le classi va premiato. Chi attesta il merito? Gli studenti, i genitori, una commissione indipendente esterna. Ci sono scuole buone, altre meno; ci sono regioni con buone scuole, altre con istituti scadenti. Nella Germania del federalismo un diploma in Baden-Wuerttemberg non è uguale a quello dell'Assia, e nei colloqui di lavoro se ne tiene conto. Nei Paesi anglosassoni è con la selezione che hanno ottenuto le migliori università, dove poi finiscono per approdare i rampolli della borghesia bene italiana. Concorrenza, ecco la parola.
mercoledì 13 febbraio 2008
Compleblog
Oggi, qui, si festeggia il terzo anno online.
Fino ad ora me ne ero ricordato in ritardo: così nel 2007 e così nel 2006.
Fino ad ora me ne ero ricordato in ritardo: così nel 2007 e così nel 2006.
mercoledì 6 febbraio 2008
Analfabeti con laurea
«Dirimere un'ambiguità lessicale è un problema per un laureato su cinque. A dir la verità, anche solo comprendere la frase che avete appena letto è un problema per un laureato su cinque...» Da leggere.
sabato 2 febbraio 2008
Mercoledì bigio io
Sarò assente mercoledì prossimo: evitate di spaccarvi le spalle portando il volume di latino (specie se ancora in versione integrale) perché farete altro. Che cosa, però, non chiedetelo a me.
Porca vacca...

Ho insaccato un sacco di freddo: pomeriggio a casa per sistemare lo stomaco.
Torno a scuola, faccio il mio dovere di custode/assistente della IIIA beccandomi un rimbrotto dalla vicepreside perché stavo conducendo alcuni alunni lontano dal posto concordato per la salita in palestra (però, dai avevo l'elenco coi nomi per evidenziare eventuali assenti...). Passeggio vigilando durante la messa (con qualche distrazione, vero, ma da ammettere solo in privato); al termine, parte il rito dei saluti con le e gli ex.
Cavolo, ne ho visti di due, tre, cinque, dieci anni fa, e nessuno dell'anno scorso. Resto tra l'interdetto e il basito.
Scopro oggi che ce n'erano, un bel po', ed erano in zona portineria.
Porca vacca! Non m'era mai successo...
L'anno prossimo mi organizzo meglio, di sicuro: perché è vero che don Bosco è don Bosco, ma senza le e gli ex dell'anno scorso c'è molto che non va.
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