domenica 14 settembre 2008

«Di questo soffre il mondo della scuola, dell'indifferenza e dell'incomprensione»

Per i non-lettori de L'Eco di Bergamo, un interessante scambio epistolare pubblicato sull'edizione di oggi.

Albert Einsten diceva: «Non so con quali armi verrà combattuta la terza guerra mondiale, ma so che la quarta verrà combattuta con clave e pietre», proprio come certe riforme della scuola che invece di migliorarla la riportano indietro. Si assiste al ritorno del maestro unico alle elementari, del 5 in condotta e degli esami di riparazione.
Quella degli esami a settembre credo tuttavia che sia una giusta riforma ma che non serva agli studenti in questo momento. I problemi più grandi della scuola di oggi sono il menefreghismo, la disattenzione in classe, il distacco che c'è tra gli alunni e professori e la mancanza di concentrazione a scuola e a casa. Tutto questo porta a fare fatica, ad avere una o più materie a settembre e di conseguenza ad una probabile bocciatura. Così mi chiedo: perché prima di rimettere gli esami di riparazione o il 5 in condotta, e di conseguenza installare una specie di regime del terrore, il ministro, gli insegnanti, i presidi non provano ad ascoltarci? Noi siamo il futuro di questo paese.
Non abbiamo bisogno di riforme inutili, del 5 in condotta, ma di ascolto per capire insieme quali sono i problemi e di cercare insieme di risolverli.
Jovanotti in una canzone scrive: «L'indifferenza è il più grave peccato mortale» ed è di questo che soffre il mondo della scuola, dell'indifferenza e dell'incomprensione, che a volte arriva al rifiuto degli adulti verso i ragazzi, due mondi che non comunicano più.
Quando si fa una riforma bisogna ricordarsi che la si fa per noi, per noi che facciamo fatica a tornare a casa dopo aver preso un brutto voto, per noi che la scuola è una rottura di palle, per noi che vorremmo spaccare il mondo, ma che invece siamo costretti ad ascoltare un insegnante svogliato, e a cui non gliene frega niente di noi. Secondo me il problema più grave della scuola di oggi è questo. Perché noi dobbiamo studiare, faticare, impegnarci mentre poi andiamo a scuola e ci accorgiamo che ci sono pochi professori che fanno il loro lavoro come andrebbe fatto? Come faccio io ad appassionarmi alla storia, al latino o alla matematica se il professore non mi dà stimoli, non mi fa appassionare alla materia ma si limita a spiegarmi le pagine e a farmi studiare. Che senso ha questo? Che senso ha farmi ripetere a memoria senza farmi ragionare, senza stimolarmi ad approfondire? Quindi anziché fare riforme che non servono, proviamo a selezionare i professori in base all'attitudine ai ragazzi, a seconda della capacità di comunicazione e poi ovviamente anche alla preparazione. Perché se no, ci credo che impicchiamo, che non andiamo a scuola. La scuola è sudore e fatica, noi lo sappiamo, ci passiamo un terzo della nostra giornata e sappiamo che dovrebbe essere il luogo dove noi ci formiamo e ci prepariamo ad una vita adulta, ma è difficile se l'istituzione ti si mette contro, che già siamo «inkazzati per questioni ormonali» così ci inkazziamo ancora di più! E allora sì che la scuola fa schifo se c'è un muro tra gli alunni e i professori e abbiamo paura di un insegnante.
Una volta un grandissimo personaggio mi disse che la scuola non valuta la tua intelligenza o la conoscenza ma solo l'attitudine allo studio. Bisognerebbe dunque far sì che anche le nostre intelligenze e la nostra curiosità venissero in qualche modo coinvolte e stimolate dalla scuola. Oggi occorre cercare un dialogo, come faceva una mia grande professoressa, se no non c'è futuro.
Giorgio R.
quest'anno ripetente

Caro Giorgio,
a botta calda sarei tentato di darti ragione su tutta la linea. Ma dopo aver riflettuto sulla tua lettera sono arrivato alla conclusione opposta, ossia che ti stai sbagliando. Le tue osservazioni sono in gran parte condivisibili, ma è il tuo approccio che rischia di non portarti da nessuna parte. Mi spiego.
È vero che nella scuola c'è tanta gente incapace di ascoltare e che molti professori sono privi di passione per ciò che insegnano e per le persone che hanno di fronte. Succede nella scuola e succede in tutti gli altri ambienti. Ma il tuo errore sta nel fatto che per mettere in gioco fino in fondo te stesso, ti aspetti che gli altri siano diversi da quello che sono. Si possono avere i peggiori insegnanti del mondo, ma ciò non pregiudicherà mai in maniera irreparabile la tua possibilità di imparare. Siamo persone libere, perdio, e libertà vuol dire non dipendere mai completamente dalle condizioni biologiche o familiari o sociali nelle quali ci troviamo a vivere. In altre parole, nessun cattivo insegnante impedirà mai a te di essere un bravo studente. Ti renderà la vita più difficile (ma la vita, lo imparerai presto, è difficile), e tuttavia, se il tuo compito è riuscire a scuola, tu sei chiamato, in qualsiasi condizione, a svolgerlo nel migliore dei modi, con passione e con responsabilità, altrimenti, fra qualche anno, finirai per assomigliare a quelli che oggi accusi di sordità. Dipende dalla nostra libertà e solo da quella il fatto di imparare qualcosa cercando di capirla, o studiarla soltanto per ripeterla a casaccio.
Tu insisti molto sull'incapacità degli insegnanti di dialogare con voi studenti. Ma essere ascoltati non può essere una pretesa. È un privilegio che capita qualche volta (non solo nella scuola). Un privilegio di cui essere riconoscenti. Capire ciò fa crescere la gratitudine per il professore «in gamba» che si incontra (ce ne sono tanti, come anche tu accenni parlando di una tua insegnante), evitando di accumulare rabbia nei confronti degli altri che, poveracci, sono solo come noi: distratti, presi dai loro problemi, sordastri alla vita. E il guaio peggiore di chi cresce accumulando pretese è che quando, fortunatamente, trova uno che lo ascolta, non si stupisce della sua eccezionalità, non è capace di rallegrarsi per quanto gli è capitato.
D'altra parte - e qualche volta te ne sarai certamente accorto - anche gli insegnanti si augurano di trovare qualcuno che, invece di ritenersi obbligato a seguire i loro discorsi, con l'unico scopo di portarsi a casa la sufficienza, sia davvero interessato a quel che insegnano. E quando questo succede, solitamente accade che anche l'insegnante da cui meno ce lo si sarebbe aspettato cambi il suo atteggiamento, perché sa di trovare almeno uno che lo ascolta nel modo in cui vorrebbe essere ascoltato. I ragazzi possono fare davvero tanto per i loro prof e ti garantisco che ne basta uno, di ragazzo interessato, in una classe, perché le cose mutino radicalmente anche senza riforma o con riforme sbagliate.
Tutto ciò non significa, ovviamente, che chi ha responsabilità non debba tentare di far arrivare in cattedra docenti all'altezza del loro compito e appassionati alla vita. Ma, se è vero come tu dici, che il futuro siete voi, non sarebbe male se, fin d'ora, vi attrezzaste per arrivare all'appuntamento entusiasti e disposti anche voi a quell'ascolto che tanto vi aspettate dagli adulti.
Caro Giorgio, non si può stare fermi a riva, aspettando che la vita offra le migliori opportunità. Molti tra gli uomini che hanno raggiunto grandi obiettivi sono stati spesso ostacolati nel corso della loro esistenza, ma più che a lamentarsi delle ondate si sono impegnati con energia a tenere forte e dritto il timone. Perché il mare è il mare e chi vuole attraversarlo non può pretendere che sia sempre calmo e che il vento spiri nella direzione giusta.
Tanti auguri per il tuo viaggio. In fondo, «ri-petere» vuol dire «chiedere di nuovo», ed è un'occasione per rimettersi in gioco. Che l'anno scolastico appena iniziato ti porti buoni frutti.
Ettore Ongis

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Epicuro nella sua lettera sulla felicità diceva: Le cose accadono o per necessità o per arbitrio della fortuna o per arbitrio nostro. La necessità e irresponsabile, la fortuna instabile, invece il nostro arbitrio è libero e per qesto può meritarsi biasimo o lode.
Susanna Tamaro nel suo più famoso libro: "trovare scappatoie quando non si vuol guardare dentro se stessi è la cosa più facile al mondo: una colpa esterna esiste sempre. Occorre avere molto coraggio per accettera che la colpa, o meglio la responsabilità, appartiene a noi soltanto"
Irene Grandi in una canzone: "Prima di pretendere qualcosa, prova a pensare a quello che dai tu"
Ecco una dei grandi problemi della nostra società: nessuno si vuole più assumere le proprie responsabilità. Tante pretese e zero impegno. E' sempre colpa di qualcun'altro. Si vive in balia degli eventi... e si passa il tempo a lamentarsi, invece si sfruttare le proprie energie per fare qualcosa di concreto!

Anonimo ha detto...

Scusate, ho scritto di fretta e ora ho visto 3 gravi errori di scrittura...

Mapo ha detto...

Io ne ho trovati 7!