mercoledì 28 dicembre 2011

Programma delle letture per il giro di gennaio

Nello splendore di google documents, il file con le letture del primo giro, giusto giusto al ritorno dalle vacanze di Natale. (per i più tradizionalisti, il file ".doc" è disponibile nella solita cartella-deposito, linkata a lato)

martedì 27 dicembre 2011

Del "volume 5"

A domattina per l'elenco puntuale e preciso dei brani da conoscere per il prossimo giro; vale la pena di sottolineare da subito che Verga, De Roberto, Pascoli, Carducci e d'Annunzio sono imprescindibili (e, mi pare, si può iniziare a ripassare/studiare da lì...).

giovedì 10 novembre 2011

Malavoglia 1.1 e 2.0

I quesiti per la seconda parte del lavoro su I Malavoglia sono disponibili nella cartella online.

domenica 6 novembre 2011

Memoria, memorie

È da un po' che non giro da queste parti; leggendo le statistiche degli accessi mi accorgo di aver seminato il panico, qualche giorno fa, avendo costretto i miei alunni di quinta a girare da queste parti per cercare indicazioni per un lavoro (che faremo giovedì prossimo...) su I Malavoglia. Ma il silenzio del blog è stato compensato da tante occasioni per parlare in pubblico, per interventi scritti e verbali sugli argomenti più disparati, connessi ai vari incontri che ho avuto la fortuna/il piacere/l'occasione di fare. È, il mese di novembre, un periodo caratterizzato dal ricordo, sia per le solennità che lo aprono, nel calendario liturgico, sia per la concomitante commemorazione dei caduti di tutte le guerre. Per ciascuno, insomma, un'occasione per guardarsi un po' alle spalle ed intravedere i segni del proprio passato, i compagni del proprio cammino e avere sempre maggiore consapevolezza del riflesso pubblico di ogni nostra azione, indipendentemente dal ruolo o dalla professione che svolgiamo. Ero a Treviglio, stamattina, per la commemorazione ufficiale dei caduti di tutte le guerre; ho percepito in molti dei partecipanti la volontà di esserci non per una ritualità stanca ma per la viva convinzione della necessità della memoria. E, mi pare che finché saremo in grado di fare memoria, soprattutto di momenti di difficoltà e di crisi come quelli che hanno attraversato coloro che ci hanno preceduti, saremo in grado di affrontare anche la nostra crisi, le nostre quotidiane difficoltà.

lunedì 19 settembre 2011

Provocazioni berlinesi

Parlavo stamattina, in classe, di questo strano momumento qua...

Spettacoli dell'anno

Una proposta per le "visioni" teatrali dell'anno.
Potremmo pensare a due spettacoli di Pirandello (ed, eventualmente, uno a Bergamo ed uno a Milano) e un viaggio nel "Mistero buffo" di Fo reinterpretato da Paolo Rossi.
Lascio le date a futura memoria e per vedere se riusciamo a organizzare qualcosa.

9-20 novembre (Carcano-Mi)
Pirandello, Il berretto a sonagli
27 marzo-1° aprile (Donizetti-Bg) o 12-22 aprile (Carcano-Mi)
Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore
5-17 giugno (Piccolo-Mi)
Fo, Il mistero buffo

venerdì 9 settembre 2011

Soffermàti sull'arida sponda...

...iniziamo l'anno, fin dal primo giorno, con due belle ore secche su Manzoni (si prega di portare l'apposito volume dell'antologia). Invito a riprendere le indicazioni operative per la stesura dei lavori estivi che, orario alla mano, giovedì dovranno essere consegnati.
Un saluto a tutte/i; a lunedì.

lunedì 29 agosto 2011

Bar: dentro & fuori

Ho fatto pochissima "vita da bar", preferendo frequentare, tempo fa, l'oratorio.
Ma trovo che questo pezzo di Ilvo Diamanti, su La Repubblica di oggi, possa davvero offrire spunti interessanti.
Ai miei tempi (...) i bar erano luoghi e centri sociali. Ci passavi le sere. Le domeniche. Uscivi di casa e andavi là, dove incontravi gli amici. Il barista era una figura leader della formazione giovanile. Veniva dopo i genitori, gli insegnanti e gli amici stretti. Andavi al bar. Poi decidevi dove recarti. Al cinema, a una manifestazione, a una festa, a zonzo. E ci tornavi più tardi. Peró potevi anche scegliere di rimanere lì. Di passarci la sera a giocare a biliardo, a calcetto, a carte. A bere, chiaccherare, tirare tardi. E, comunque e soprattutto, la vita del bar si svolgeva inevitabilmente dentro. Dentro. Il bar, come ho detto, era un luogo e un centro sociale in sè. E, in particolare, "un" bar. Dove si trascorreva gran parte del tempo libero.
Ora non è più così. Basta girare per le città per vedere che i giovani si ammassano "fuori". Davanti e intorno al bar. Occupano uno spazio ampio, variabile. Il marciapiede, l'intera strada (...).
I bar. Sono divenuti stazioni di passaggio di una vita itinerante. Di una generazione itinerante, sempre in movimento, sempre in viaggio. Perché costretta - o meglio, indotta - a vivere un eterno presente. Precario. Una generazione di passaggio. Alla ricerca di un luogo dove fermarsi, finalmente. Tra un bar e l'altro.
E, questo articolo, fa venir voglia di rileggere Bar Sport di Stefano Benni.

martedì 23 agosto 2011

martedì 16 agosto 2011

Scampoli #2

Ecco perché il cittadino virtuoso che si applicasse veramente e che vivesse per l'interesse generale, non ne ricaverebbe per sé un magro vantaggio, perché non solo vivrebbe così in un modo più umano conformemente alla sua natura ma, per di più, si renderebbe, per quanto possibile, simile alle specie più perfette di lui. Inoltre preserverà meglio i suoi affari privati se anteporrà ad essi l'interesse generale e non questi all'interesse generale; infatti quando gli affari pubblici sono ben organizzati, allora sia questi che quelli privati sono di natura tale da essere perfettamente salvaguardati; ma quando ciò che è privato si separa dall'interesse generale, sono entrambi distrutti.

Pletone, Trattato delle virtù, 11

Scampoli

C'è nelle scuole una linea didattica che ha ad una estremità la situazione tipica da liceo classico (che io chiamo l'obitorio della scuola italiana): un insegnante che parla per cinque ore, una classe in silenzio. Quando mia figlia se ne lamenta e io le chiedo «tu che fai?» lei risponde «ma io non ascolto».
C. Melazzini, Insegnare al principe di Danimarca, pag. 66

venerdì 1 luglio 2011

Ho corso troppo ma mi avete aspettato: grazie!

In poche occasioni, da quando l'ho aperto, ho trascurato così tanto il blog.
Inizialmente era uno strumento, anche innovativo, principalmente per condividere le risorse che, durante le lezioni, non si riuscivano a discutere. Lo accompagnava anche il desiderio di comunicare, come bene ieri sera mi ricordava Umberto (davvero uno dei miei "grandi" exalunni), che i prof hanno una vita anche fuori da scuola, nutrono passioni e interessi e spesso fa piacere comunicarne parte a coloro con cui si passa gran parte del proprio tempo. Poi è arrivato facebook (la parentesi di wave, purtroppo, è finita troppo presto): più comodo ed immediato, ma destinato a consumarsi subito, evaporando in fretta. In questi giorni poi alla concitazione di fine anno (consigli di classe per i casi più problematici, incontri coi genitori, scrutini finali ed esami di maturità) s'è aggiunto l'avvio del mandato amministrativo, dopo una lunga ed intensa campagna elettorale. Mi ha rimproverato Massimo (altro grande...), che cura il suo blog e che aggiorna FB, pur avendo appena superato l'esame per la specializzazione, facendomi presente questo lungo silenzio. E ci ho pensato un po', perché oggi la giornata è stata convulsa come al solito, facendomi intrecciare ruoli diversi, incontri diversi ed emozioni diverse. Ci ho pensato perché quando qualcuno ti dice che vuole sentirti parlare o vuole leggere le tue due righe, beh, ti dà il segnale di una vicinanza che sta proprio nella condivisione non solo dei grandi momenti, ma anche delle piccole cose giornaliere.
Non mi riprometto di aggiornare quotidianamente il blog, non so se ce la faccio; ma credo che due parole in più non facciano male, perché è bello, davvero, sentire vicini quanti passano anche da queste strade virtuali e, magari, hanno trascorso qualche anno della loro vita di alunni come tuoi allievi. Ieri sera Massimo e Umberto li ho rivisti alle nozze di Silvia e Tommaso, due loro compagni di classe che fin dalla fine della terza liceo hanno iniziato una duratura e feconda relazione. Mi ha commosso, davvero, il vederli sposati (e, per di più, da don Damiano) così come l'aver ricevuto un invito alla cerimonia. È il tempo che ho sottratto alla frenesia del quotidiano e che ieri ho trascorso distesamente e con serenità ad avermi aiutato; ci aggiungo la passeggiata improvvisa di oggi pomeriggio, davvero inaspettata, con mio nipote, per le vie di Bergamo, dopo le corse tra maturità, MIA, Provincia e commercialista.
Riprendo in mano Seneca, citato in questi giorni di esami più volte come tragediografo che come trattatista, per rileggere una sententia di valore indiscutibile: «Exigua pars est vitae qua vivimus. Ceterum quidem omne spatium non vita sed tempus est» (De brevitate vitae, II 2). La dedico a chi corre troppo e, durante la corsa, dimentica o, meglio, trascura quanti gli stanno vicino, da tempo. Grazie a tutti, anche qui, per avermi aspettato.

sabato 28 maggio 2011

Rinasce una cascina (2)

Sono orgoglioso e (stra)contento per questo evento: recuperare la Valle d'Astino a Bergamo è un impegno che ci siamo assunti alla Misericordia Maggiore, con l'aiuto e il supporto di tutta la Città. A poco a poco ci stiamo riuscendo. Grazie!

giovedì 19 maggio 2011

Programma letture italiano

Salvo errori & omissioni (il rappresentante incaricato ha lavorato un po' approssimativamente...) nella cartella di quinta è disponibile l'elenco dei brani analizzati in classe durante l'anno. Buona revisione!

giovedì 28 aprile 2011

Rinasce una cascina


Ci sono iniziative della MIA di cui vado estremamente fiero.
Questa è una di quelle!

mercoledì 20 aprile 2011

martedì 19 aprile 2011

Leggere gratis

Segnalo che è disponibile online, gratuitamente fino al 31 agosto, l'edizione elettronica del quotidiano della Santa Sede.

Esercitazione scritta

Nella cartella di quarta, il file con la documentazione per l'esercitazione scritta da svolgere per il prossimo 29 aprile.
Ricordo: un solo lavoro (itineranti esclusi) da consegnare anche via mail.

venerdì 8 aprile 2011

Stage al Politecnico

Una visita a questa comunicazione per studenti di quarta interessati a uno stage estivo al Politecnico di Milano in ingegneria aerospaziale.

martedì 29 marzo 2011

Arrivano gli esami...

Nella cartella di quinta inizia a sedimentarsi il materiale per la redazione di argomenti strutturati, schemi ragionati e mappe concettuali per avviare i colloqui. Disponibili, da oggi:
1) un file con le indicazioni operative, la "distinzione" delle singole tipologie di lavoro ed alcuni consigli pratici e redazionali
2) un file con alcune indicazioni specifiche per la predisposizione d mappe concettuali
3) due esempi di "schemi ragionati" cui sono particolarmente affezionato (Fantozzi e Simpson).
Altro materiale in arrivo a breve; avviserò appena lo avrò aggiunto.

domenica 20 marzo 2011

Vedere di più, sentire di meno

Una delle tendenze della nostra epoca è di usare la sofferenza dei bambini per screditare la bontà di Dio, e una volta screditata la sua bontà, aver chiuso il conto con Lui. Gli Alymer che Hawthorne vedeva come una minaccia si sono moltiplicati. Occupati nel rimuovere l'imperfezione umana stanno facendo progressi anche riguardo alla materia prima del bene. Ivan Karamazov non può credere finché ci sia un solo bambino che soffre; l'eroe di Camus non può accettare la divinità di Cristo per via del massacro degli innocenti. In questa pietà popolare si guadagna in sensibilità e si perde in visione. Se sentivano meno, altre epoche vedevano di più, anche se vedevano con l'occhio cieco, profetico, insensibile dell'accettazione, vale a dire della fede. Ora in assenza di questa fede siamo mossi dalla tenerezza. Una tenerezza che da tempo, staccata dalla persona di Cristo, è avvolta nella teoria. Quando la tenerezza è separata dalla sorgente della tenerezza, la sua logica conseguenza è il terrore. Finisce nei campi di lavoro forzato e nei fumi delle camere a gas.

Flannery O'Connor, Un ricordo di Mary Ann, Milledgeville Georgia, 8 dicembre 1960 in Il volto incompiuto - Saggi e lettere sul mestiere di scrivere, pag.99-100

martedì 1 marzo 2011

La predominanza del bianco

Leggiamo in quinta un articolo sull'importanza degli spazi bianchi nella produzione libraria del nostro paese.
Una prospettiva nuova, per considerare anche il non-scritto come spazio di comunicazione, davvero importante.

domenica 27 febbraio 2011

Opinioni...

«Il male non è che tutti oggi possano dire la loro, si esprimano, trovino uno spazio per affermare le loro idee; il male è che tutti siano parimenti trattati da competenti, e che tutto quel che ognuno dice sia parimenti giudicato valido, buono, degno. Il messaggio che passa è che tutti i giudizi, le idee, i pareri, le domande, le risposte, le richeste, le analisi, le barzellette... sono sullo stesso piano.
Tutti parlano, beati di poter parlare. Nessuno si chiede se quel che sta per dire abbia un senso o una sua ragione per essere detto. E, d'altra parte, nessuno giudica più chi parla, né funge minimamente da filtro. È come se nel mondo se ne fossero andati tutti, ma avessero lasciato milioni e milioni di microfoni. Una specie di landa desolata, una terra piatta desertificata, irta di esili steli neri: un immenso, smisurato deserto di microfoni. E voci che si sprigionano, senza più nessuno dietro, libere ma tragicamente sole, sperdute. Nessuno che dia la parola a nessuno, ma tutti che se la prendono.
Si parla. Si parla anche se non si ha niente da dire. Forse si parla soltanto per poter dire: ce l'abbiamo fatta a parlare anche noi, a entrare in quei luoghi che una volta erano così sacri (la radio o la tivù) e che oggi lo sono ancora ma in un altro modo, in quanto luoghi pubblici, mezzo di comunicazione e quindi cassa di risonanza, palco, scena ideale per mettersi in mostra, apparire, esserci».

(P. Mastrocola, Togliamo il disturbo, p. 91)
Un passo di una attualità e di una verità sconcertanti, per quanto mi riguarda...

domenica 20 febbraio 2011

Nativi digitali: due parole per pensare

Per il post numero 1101 di questo blog, l'articolo di Paolo Ferri "I nativi digitali, una razza in via di evoluzione".
Pubblicato nelle pagine 146-153 di Tirature '11, dà interessanti spunti di riflessione per chi, come un prof, ha a che fare con le giovani generazioni e se ne dispone, etimologicamente, all'e-ducazione.

domenica 13 febbraio 2011

Cambiare paradigmi...


È geniale questo video; una riflessione davvero interessante su cosa è la scuola, come s'è sviluppata e quali sfide le si propongono.
Il miglior augurio per i sei anni di questo blog, da condividere con i lettori che ancora passano di qui. Perché per la scuola 2.0 è questa la direzione da imboccare...

martedì 1 febbraio 2011

Quando la maturità rende...

Segnalo il bando di concorso disponibile a questo link, che premia "tesine" sul ciclismo in genere e sulle figure sportive ed umane dei fratelli Coppi Fausto e Serse. Un'occasione per pensarci...

mercoledì 26 gennaio 2011

La quercia del Tasso (di Achille Campanile)

Quell'antico tronco d'albero che si vede ancor oggi sul Gianicolo a Roma, secco, morto, corroso e ormai quasi informe, tenuto su da un muricciolo dentro il quale è stato murato acciocché non cada o non possa farsene legna da ardere, si chiama la quercia del Tasso perché, avverte una lapide, Torquato Tasso andava a sedervisi sotto, quand'essa era frondosa.
Anche a quei tempi la chiamavano così.
Fin qui niente di nuovo. Lo sanno tutti e lo dicono le guide.
Meno noto è che, poco lungi da essa, c'era, ai tempi del grande e infelice poeta, un'altra quercia fra le cui radici abitava uno di quegli animaletti del genere dei plantigradi, detti tassi.
Un caso.
Ma a cagione di esso si parlava della quercia del Tasso con la "t" maiuscola e della quercia del tasso con la "t" minuscola. In verità c'era anche un tasso nella quercia del Tasso e questo animaletto, per distinguerlo dall'altro, lo chiamavano il tasso della quercia del Tasso.
Alcuni credevano che appartenesse al poeta, perciò lo chiamavano "il tasso del Tasso"; e l'albero era detto "la quercia del tasso del Tasso" da alcuni, e "la quercia del Tasso del tasso" da altri.
Siccome c'era un altro Tasso (Bernardo, padre di Torquato, poeta anch'egli), il quale andava a mettersi sotto un olmo, il popolino diceva: "E' il Tasso dell'olmo o il Tasso della quercia?".
Così poi, quando si sentiva dire "il Tasso della quercia" qualcuno domandava: "Di quale quercia?".
"Della quercia del Tasso."
E dell'animaletto di cui sopra, ch'era stato donato al poeta in omaggio al suo nome, si disse: "il tasso del Tasso della quercia del Tasso".
Poi c'era la guercia del Tasso: una poverina con un occhio storto, che s'era dedicata al poeta e perciò era detta "la guercia del Tasso della quercia", per distinguerla da un'altra guercia che s'era dedicata al Tasso dell'olmo (perché c'era un grande antagonismo fra i due).
Ella andava a sedersi sotto una quercia poco distante da quella del suo principale e perciò detta: "la quercia della guercia del Tasso"; mentre quella del Tasso era detta: "la quercia del Tasso della guercia": qualche volta si vide anche la guercia del Tasso sotto la quercia del Tasso.
Qualcuno più brevemente diceva: "la quercia della guercia" o "la guercia della quercia". Poi, sapete com'è la gente, si parlò anche del Tasso della guercia della quercia; e, quando lui si metteva sotto l'albero di lei, si alluse al Tasso della quercia della guercia.
Ora voi vorrete sapere se anche nella quercia della guercia vivesse uno di quegli animaletti detti tassi.
Viveva.
E lo chiamarono: "il tasso della quercia della guercia del Tasso", mentre l'albero era detto: "la quercia del tasso della guercia del Tasso" e lei: "la guercia del Tasso della quercia del tasso".
Successivamente Torquato cambiò albero: si trasferì (capriccio di poeta) sotto un tasso (albero delle Alpi), che per un certo tempo fu detto: "il tasso del Tasso".
Anche il piccolo quadrupede del genere degli orsi lo seguì fedelmente, e durante il tempo in cui essi stettero sotto il nuovo albero, l'animaletto venne indicato come: "il tasso del tasso del Tasso".
Quanto a Bernardo, non potendo trasferirsi all'ombra d'un tasso perché non ce n'erano a portata di mano, si spostò accanto a un tasso barbasso (nota pianta, detta pure verbasco), che fu chiamato da allora: "il tasso barbasso del Tasso"; e Bernardo fu chiamato: "il Tasso del tasso barbasso", per distinguerlo dal Tasso del tasso.
Quanto al piccolo tasso di Bernardo, questi lo volle con sé, quindi da allora quell'animaletto fu indicato da alcuni come: il tasso del Tasso del tasso barbasso, per distinguerlo dal tasso del Tasso del tasso; da altri come il tasso del tasso barbasso del Tasso, per distinguerlo dal tasso del tasso del Tasso.
Il comune di Roma voleva che i due poeti pagassero qualcosa per la sosta delle bestiole sotto gli alberi, ma fu difficile stabilire il tasso da pagare; cioè il tasso del tasso del tasso del Tasso e il tasso del tasso del tasso barbasso del Tasso.

martedì 25 gennaio 2011

Concorso per studenti del triennio

Per la partecipazione all'annuale concorso promosso da CISL - FNP CISL - ANTEAS della zona di Treviglio la traccia per gli studenti del triennio delle superiori è la seguente:
«L'art. 4 della Costituzione sancisce che "La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto". La scuola, il governo, i sindacati devono fare la loro parte per promuovere l'accesso al lavoro dei giovani. Tu ti senti pronto ad affrontare insieme a questi attori il tuo futuro?».
Le positive esperienze degli anni scorsi inducono a sperare nel riconoscimento delle vostre fatiche e, magari, nella vincita di uno dei due premi da 260 euro previsti.
La consegna, via mail, a me è prevista per la fine di febbraio. Fatemi un cenno se intendete partecipare.

lunedì 17 gennaio 2011

Sonetti barocchi

I sonetti barocchi da leggere per mercoledì sono disponibili qui e nella cartella del "solito" magazzino.

sabato 1 gennaio 2011

«Non sai guardare perché non conosci i nomi.»

Nick Shay, il protagonista di Underworld, dialoga con il suo insegnante Padre Paulus, gesuita.

– Talvolta penso che l’educazione che dispensiamo qui sia più adatta a un cinquantenne che ha capito di aver mancato il bersaglio al primo giro. Troppe idee astratte. Verità eterne a destra e a sinistra. Ti servirebbe di più guardarti una scarpa e nominarne le parti. A te in particolare, Shay, visto da dove vieni.
Questo parve rianimarlo. Si sporse sopra la scrivania e fissò, letteralmente, i miei stivali bagnati.
– Sono oggetti orribili, vero?
– Sì senza dubbio.
– Nominami le parti. Coraggio. Qui non siamo così ricercati, non siamo così intellettualmente chic da non poter esaminare uno studente faccia a faccia.
– Nominare le parti, – dissi. – D’accordo. Stringhe.
– Stringhe. Una su ogni scarpa. Procedi.
Alzai un piede e lo girai goffamente.
– Suola e tacco.
– Sì, continua.
Posai di nuovo il piede a terra e fissai lo stivale, che mi parve inespressivo quanto uno scatolone chiuso.
– Procedi, ragazzo.
– Non c’è molto da nominare, le pare? Un davanti e un dietro.
– Un davanti e un dietro. Mi fai venire voglia di piangere.
– La parte arrotolata sul davanti.
– Sei talmente eloquente che devo fare una pausa per riavermi. Hai nominato le stringhe. Come si chiama il lembo sotto le stringhe?
– La linguetta.
– Be’?
– Il nome lo sapevo, soltanto che non l’avevo vista.
Padre Paulus fece il suo piccolo numero, buttandosi a corpo morto sulla scrivania e sussultando lievemente come se fosse in preda a una terribile angoscia.
– Non l’hai vista perché non sai guardare. E non sai guardare perché non conosci i nomi.
Tentennò il capo come per rimproverarmi aspramente, con un gesto teatrale, e si ritrasse dal piano della scrivania, lasciandosi cadere sulla sedia girevole e guardandomi di nuovo prima di fare un quarto di giro deciso e sollevare la gamba destra quel tanto che bastava perché il piede, o meglio la scarpa, trovasse una sistemazione sul bordo della scrivania, punta all’insù. Una normalissima scarpa da prete nera.
– D’accordo, – disse. – Suola e tacco li conosciamo.
– Sì.
– E abbiamo identificato la linguetta e le stringhe.
– Sì, – dissi.
Delineò con il dito una striscia di pelle che attraversava il bordo superiore della scarpa e scendeva sotto la stringa.
– Cos’è? – chiesi io.
– Dimmelo tu. Cos’è?
– Non lo so.
– È il risvolto.
– Il risvolto.
– Il risvolto. E questa sezione rigida sopra il tacco. Questo è il rinforzo.
– E questo pezzo a metà tra il risvolto e la striscia sopra la suola. Questo è il dorso.
– Il dorso, – ripetei.
– E la striscia sopra la suola. Quello è il guardone.
Ripetilo, ragazzo.
– Il guardone.
– Lo vedi, come restano nascoste le cose di tutti i giorni? Perché non sappiamo come si chiamano. E l’area frontale che copre il collo della scarpa come si chiama?
– Non lo so.
– Non lo sai. Si chiama tomaia.
– Tomaia.
– Ripetilo.
– Tomaia. L’area frontale che copre il collo della scarpa. Credevo di non dover imparare le cose a memoria.
– Sono le idee, che non devi imparare a memoria.
E non prenderci troppo sul serio quando arricciamo il naso di fronte all’apprendimento a memoria. La ripetizione a memoria aiuta a costruire l’uomo. E la stringa la fai passare attraverso che cosa?
– Questo dovrei saperlo.
– Certo che lo sai. I buchi su entrambi i lati e sopra la linguetta.
– Non mi viene in mente la parola. Occhiello.
– Forse ti lascerò vivere, dopotutto.
– Gli occhielli.
– Sì. E il rivestimento metallico su ciascuna estremità della stringa?
Diede un colpetto all’oggetto in questione con il dito medio.
– Questo non lo saprei neanche tra un milione di anni.
– L’aghetto.
– Neanche tra un milione di anni.
– Il puntale o aghetto.
– L’aghetto, – ripetei.
– E il piccolo anello di metallo che rinforza il bordo dell’occhiello attraverso cui passa l’aghetto. Stiamo facendo la fisica del linguaggio, Shay.
– L’anellino.
– Lo vedi?
– Sì.
– Questa è la guarnizione, – disse.
– Oddio, ragazzi.
– La guarnizione. Imparala, conoscila e amala.
– Sto andando fuori di testa.
– Questa è la conoscenza arcana definitiva. E quando porto la scarpa dal calzolaio e lui la mette su una forma per fare le riparazioni, un blocco di legno a forma di piede. Come si chiama?
– Non lo so.
– Si chiama semplicemente forma da scarpa.
– Mi si sta spaccando la testa.
– Le cose di ogni giorno rappresentano la conoscenza più trascurata. Questi nomi sono vitali per il tuo progresso. Cose quotidiane. Se non fossero importanti, non useremmo una parola così splendida di derivazione latina. Ripetila, – mi intimò.
– Quotidiano.
– Una parola straordinaria che suggerisce la profondità e la portata del luogo comune.
(...)
Poi tornai nella mia stanza e mi liberai del giubbotto. Volevo cercare le parole sul dizionario. Mi tolsi gli stivali e lanciai il berretto sul lavandino. Volevo cercare le parole. Volevo cercare velleità e quotidiano e impararle a memoria, queste stronze di parole, una volta per sempre, impararne l’ortografia, la pronuncia, ripeterle ad alta voce, sillaba per sillaba – vocalizzare, produrre suoni vocali, emettere suoni, pronunciare le parole per quello che valevano. Questo è l’unico modo al mondo di sfuggire alle cose che hanno fatto di te quello che sei.