sabato 30 gennaio 2010

domenica 17 gennaio 2010

Scossa di coscienza

di Massimo Gramellini

Sconvolto dagli effetti apocalittici del terremoto di Haiti, sono andato in cerca di informazioni per scoprire com’era la vita nell’isola, fino all’altro ieri. Ho appreso che l’ottanta per cento degli haitiani vive (viveva) con meno di un dollaro al giorno. Che il novanta per cento abita (abitava) in baracche senza acqua potabile né elettricità. Che l’aspettativa di vita è (era) di 50 anni. Che un bambino su tre non raggiunge (raggiungeva) i 5 anni. E che, degli altri due, uno ha (aveva) la certezza pressoché assoluta di essere venduto come schiavo.
Se questa è (era) la vita, mi chiedo se sia poi tanto peggio la morte. Ma soprattutto mi chiedo perché la loro morte mi sconvolga tanto, mentre della loro vita non mi è mai importato un granché. So bene che non possiamo dilaniarci per tutto il dolore del mondo e che persino i santi sono costretti a selezionare i loro slanci di compassione. Eppure non posso fare a meno di riflettere sull’incongruenza di una situazione che – complice la potenza evocativa delle immagini – mi induce a piangere per un bambino sepolto sotto i detriti, senza pensare che si tratta dello stesso bambino affamato che aveva trascorso le ultime settimane a morire a rate su quella stessa strada. Così mi viene il sospetto che a straziarmi il cuore non sia la sofferenza degli haitiani, che esisteva già prima, ma il timore che una catastrofe del genere possa un giorno colpire anche qui. Non la solidarietà rispetto alle condizioni allucinanti del loro vivere, ma la paura che possa toccare anche a me il loro morire.

(da La Stampa di venerdi 15 gennaio)

domenica 10 gennaio 2010

Sulla necessità della letteratura...

Suggerisco una riflessione a partire da due ritagli di articoli: l’intervista a Ezio Raimondi, storico e critico della letteratura italiana, pubblicata oggi sul Corriere della Sera e un invertento di Gianni Riotta che su Il Sole 24 ore parla dell’ultimo volume di Jaron Lanier, guru della realtà virtuale.

«La letteratura è in una condizione difficile, ha subìto una sorta di lesione che si traduce quasi in una disfida contro la vita contemporanea, un’epoca che non favorisce la meditazione. Per questo, oggi più che mai è chiamata a trovare un senso in un mondo che vuole un accumulo di esperienze istantanee, mentre la letteratura utilizza la memoria e diventa forte quando l’io torna a chiedersi: chi sono? L’invocazione della letteratura è una sola: facci essere umani, per citare Wittgenstein.»
«…Alla letteratura spetta di parlare di ciò che è invisibile dentro il visibile. La parola della letteratura è a suo modo una rivelazione di noi stessi a noi stessi, una sorta di epifania, una prova cui si è chiamati: creare un universo che prima non esisteva e in cui le risposte sono interrogativi. Ed è da lì, dagli interrogativi, che comincia la dimensione religiosa.»
Intervista a Ezio Raimondi, Corriere della Sera, domenica 10 gennaio 2010 pag. 31

Oggi però Lanier, guru di internet e dei new media, celebre firma della rivista Wired, è perplesso. E nel suo ultimo libro «You’re not a gadget: a manifesto», mette in guardia contro la deriva del web 2.0 con toni preoccupati che fanno applaudire i vecchi professori che si vantano «Io? Io non ho mai usato un computer!». (…) Lanier lamenta l’appiattimento dei contenuti online, che motori di ricerca come Google e l’enciclopedia scritta dagli utenti Wikipedia, importano sulla rete. Mettere ogni giorno insieme, senza alcuna selezione, gli argomenti dei filosofi e le arrabbiature del tizio davanti al cappuccino tiepido, l’analisi economica di un Nobel e lo sfogo del qualunquista di turno, può essere celebrato dagli ingenui alla moda come «open source» e «democrazia di rete». Il pericolo è invece riassunto bene nelle parole del guru Lamier: «I blog anonimi, con i loro inutili commenti, gli scherzi frivoli di tanti video» ci hanno ridotti tutti a formichine liete di avere la faccina su Facebook, la battuta su Twitter e la pasquinata firmata «Zorro» sul sito. In realtà questa poltiglia di informazione amorfa rischia di distruggere le idee, il dibattito, la critica.
Gianni Riotta, “Cara vecchia internet vai sul sito www.verità”, Il Sole 24 ore, domenica 10 gennaio 2010, pag. 1