giovedì 10 luglio 2008

Che cosa è la scuola?
Non è una domanda da prof, dal momento che chi ha scelto di viverci gran parte dell’esistenza dovrebbe avere chiaro quale sia l’habitat in cui si trova ad operare.
Non è nemmeno, oggi, una domanda da alunni. Dicono i pedagogisti nel loro linguaggio tecnico che alla scuola non si possa più riconoscere il ruolo, una volta indiscusso, di agenzia formativa principale, soppiantata com’è da altre fonti, dalla TV ad internet ecc.
Chiedersi che cosa sia la scuola sembra allora una domanda inutile. Ci si rassegna a prendere parte al rito collettivo di un’istruzione ritenuta lontana da “quello che serve”, qui ed ora, per vedere soddisfatte alcune attese, più o meno meschine, quali il voto finale di uscita, il conseguimento di un diploma che apra più strade rispetto a uno più limitato, l’aver superato indenni le prove nel corso degli anni, avendo fatto il meno possibile ed avendo lucrato al massimo con l’utilizzo delle forme più varie di escamotages. Beh, la scuola oggi è anche questo, non perché nei bei tempi andati fossero tutte rose e fiori, gli studenti fossero tutti stinchi di santo o che altro, ma perché, almeno per quanto riguarda gli studi liceali, che una volta erano riservati ai pochi, gli alunni sceglievano consapevolmente un percorso difficile nell’immediato ma di possibile soddisfazione. Capita però che anche oggi accadano cose simili, che si trovino alunni capaci di accettare la sfida del mettersi in gioco e nel prendere dall’esperienza scolastica, oltre alle incazzature che derivano dai risultati non sempre in linea con le aspettative, anche gli stimoli per aprire il proprio pensiero, confrontarlo approfonditamente con il patrimonio culturale che, nel bene o nel male, ci costituisce in quanto nati qui ed ora. Ho ricevuto ieri una ottima notizia: a un exalunno di qualche anno fa si prospetta un periodo di 4 anni per un dottorato di ricerca all’estero. Una mail entusiasta per una proposta interessante, con la capacità di essere ironici e al contempo riflessivi sull’esperienza del liceo. Beh, io credo che la scuola sia questa. La capacità di rendere sistematiche le esperienze più disparate, la volontà di formare un proprio punto di vista sul mondo, consapevoli della relatività della propria posizione e della opportunità di un confronto costante con quanti ci hanno preceduto, lasciando segni del loro passaggio che aiutino nel cammino. In alcuni dei colloqui di maturità a cui ho preso parte in questi anni ho avuto modo di apprezzare il cammino formativo di molte delle persone che ho incontrato da studenti; con alcuni, già in alcune interrogazioni/colloqui c’era modo di superare la dialettica dell’azione/reazione (alla domandina rispondo con la lezioncina) per provare a volare un po’ più alto, con il rischio, magari, di non verificare la conoscenza del momento erudito, ma con lo stimolo a confrontarsi nel pensiero. Beh, questa è la scuola, secondo me. Mi sentivo di dirlo e di scriverlo, prima di staccare.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Non scholae, sed vitae...
Buone vacanze! :)

Anonimo ha detto...

what else?
Niente da aggiungere...
Come allenarsi sui fondamentali di uno sport è noioso e faticoso, ma altrettanto utile al fine della partita, quando finalmente senza nemmeno pensarci, i movimenti ti vengono spontanei, così il liceo è un allenamento verso i "fondamentali della vita". L'impostazione mentale, la prospettiva d'analisi, la capacità critica... tutte cose che ci accompagnaranno nella vita e ci verranno talmente spontanee in situazioni così disparate, da ritenerle nostre qualità personali, senza più domandarci dove come chi e quando queste capacità sono state fatte maturare...