domenica 30 marzo 2008

Parole in libertà


Considerato l'interesse suscitato ieri, suggerisco un salto a
un'antologia di testi futuristi;
Zang tumb tumb, ovvero l'assedio di Adrianopoli, letto non più da Dario ma dalla (viva...) voce dell'autore.

mercoledì 26 marzo 2008

È partito

Il giorno del suo avvio il sito che aiuta a capire quale sia la propria posizione, elettoralmente parlando, è in sovraccarico.
È un bene che molti si vogliano informare, un problema il fatto che in molti ci chiediamo dove siamo andati a finire.

«È un casino...»

Tra gite cui partecipo e gite cui non partecipo ma che prevedono sostituzioni, il calendario delle prossime due settimane è sufficientemente sconvolto (oltre a non essere ancora di mia conoscenza).
Per il "giro" di quinta, allora, ci sistemiamo venerdì/sabato a scuola, sempre che il calendario sia stato definito dagli organi superiori.
Nel frattempo, conviene portarsi avanti con queste sommarie indicazioni sui contenuti generali (ricordando i testi letti ed analizzati insieme in classe):
Decadentismo
D'Annunzio
Pascoli
Pirandello – tutto Il fu Mattia Pascal
Svevo – tutta La coscienza di Zeno

martedì 25 marzo 2008

Benemerito! Chi?

Un grande giornale come il Corriere della Sera, quando rende disponibile gratuitamente online il suo archivio storico digitale dal 1992 ad oggi.

Morire di rave a 19 anni in nome di un rito stanco

Ci sono articoli che fanno male perché fanno pensare...
Questo, su La Repubblica di oggi, è un gran commento.


di MICHELE SERRA

TUTTE le culture, in tutte le epoche, hanno avuto i loro baccanali. Momenti di "sballo" collettivo che liberano dalle regole, sfrenano i corpi, accendono gli spiriti. I rave-party, così come si sono evoluti in un breve arco di tempo, sono un baccanale triste. Triste come la sconfitta culturale delle controculture giovanili che li hanno inventati e via via abbandonati.

Li hanno via via abbandonati alla deriva masochista delle droghe (soprattutto intrugli di sintesi) e del compiacimento autodistruttivo.

Quando nacquero, nelle zone degli Stati Uniti in crisi industriale, sotto gli enormi scheletri delle fabbriche dismesse e in anni di pesante disoccupazione, volevano essere una risposta corale e alternativa all'aura di morte sociale che incombeva su luoghi e persone. Ballare per ore, a volte per giorni, proprio là dove la società industriale lasciava solo rovine e vuoto.

Riempire quel vuoto con il battito simbolico della musica techno, spesso nata assemblando suoni urbani (sirene, clangori, effetti metallici) reiterati fino allo sfinimento. L'agitazione sfrenata dei corpi che riempie il nulla, lo contrasta, gli si rivolge contro. L'energia e l'adrenalina delle masse giovanili urbane che rifiuta di dismettersi assieme alla produzione. Un significato politico neanche troppo sotteso, anzi rivendicato: "Noi" non accettiamo il silenzio e la stasi che "voi" imponete alle macchine. Noi non vogliamo arrugginire. Noi vogliamo vivere e godere.

E il post-industriale americano e poi europeo si animò delle ombre irrequiete dei ravers, che danzavano sotto le volte scarnificate delle fabbriche abbandonate, in perenne conflitto con leggi (anche appositamente varate), polizia, popolazioni confinanti assordate dal battito e disgustate dalla quantità inverosimile di rifiuti e deiezioni che il rave lasciava sul posto: fenomeno non sorretto, quest'ultimo da alcuna giustificazione "alternativa", e anzi quasi una inconscia firma di indegnità collettiva della quale è molto difficile vantarsi...

Il problema è che, come spesso accade ai propositi radicalmente alternativi, anche i rave hanno finito per imboccare la strada dell'auto-parodia. La frenesia voluta, cercata, rivendicata, è diventata una penosa (e pericolosa) ossessione prestazionale, come se ammazzarsi di rumore, di stanchezza, di "sballo" fosse una sfida alle convenzioni e non alla salute fisica e psichica. La resistenza alle droghe e alla fatica è stata spinta ben oltre il muro della logica. E - soprattutto - il mito quasi sciamanico della "trance" si è sovrapposto, col tempo, all'intenzione originaria, che era quella di una rappresentazione di energia di massa, quasi una riedizione "statica" dei cortei degli anni Settanta: un corteo politico stanziale, con la techno al posto degli slogan, ma in qualche caso anche cortei in piena regola, rave-parade urbane come quella che ha dato tanti grattacapi a Cofferati negli ultimi anni sfilando per le strade di Bologna.

"Uscire di testa" è diventato il mezzo e pure il fine, forse la sola porta d'uscita di una contro-cultura che ama rappresentare la società come la più cupa e fredda delle galere: tanto vale cercare un varco psichico, ennesima versione (però incupita, nera, esiziale) del sogno lisergico di Leary e dei freaks visionari dei Sessanta. In tanti caddero lungo la strada, in tanti cadono ancora.

Il rave di Segrate era, in questo senso, tipicissimo. Il capannone dismesso, lo squallore dei non-luoghi periferici inteso come teatro ideale della lunga cavalcata in arcione alla notte, alla musica e alla chimica. La rivendicazione di uno spazio e di un tempo entrambi non dati.

Detto cinicamente, meglio lì che nei luoghi naturali così spesso massacrati dai rave, come i prati alpini spopolati di flora e fauna dopo il passaggio di decine di migliaia di ballerini tristi, e trasformati in discariche d'alta quota. Assai meno cinicamente, c'è da compiangere il ragazzo di diciannove anni stroncato da chissà quali porcherie, e da soccorrere i molti altri collassati, quelli che il rave, come un corpaccione sordo e sfrenato, proietta ai suoi margini, scorie umane che non reggono il ritmo infernale, ennesima metafora della ferocia meccanica di una fabbrica ormai inesistente. Caduti del non-lavoro.


(25 marzo 2008)

lunedì 24 marzo 2008

Vite di scarto

Si parlava due settimane fa, in quarta, di politiche dell'immigrazione.
Questo passo, tratto dalla pag. 72 di Vite di scarto di Zygmunt Bauman (Laterza, 2005), può essere un ulteriore spunto di riflessione.
Si noti che gli immigrati si adattano allo scopo assai meglio di qualsiasi altra forma di cattivi, veri o presunti. Vi è una specie di «affinità elettiva» fra gli immigrati (i rifiuti umani di regioni remote scaricati nei «nostri cortili») e le meno sopportabili fra le paure che costruiamo in casa nostra. Quando tutti i posti di lavoro sono precari e considerati non più sicuri, la vista degli immigrati è come il sale sulle piaghe. Gli immigrati, ed in particolare quelli arrivati da poco, emanano il leggero tanfo di discarica che, nelle sue varie versioni, turba i sonno delle future vittime dell'accresciuta vulnerabilità. Per chi li odia e li attacca, gli immigrati incarnano – in modo visibile, tangibile, nel corpo– il presentimento inespresso, ma penoso e doloroso, della loro stessa smaltibilità. Si sarebbe tentati di dire che, se non ci fossero immigrati che bussano alle porte, bisognerebbe inventarli... perché offrono ai governo un ideale «altro deviante», un bersaglio quanto mai gradito per le «tematiche scelte con cura su cui impostare le loro campagne».

Oggetti di carta stampata

«Chi scrive un romanzo apre un occhio sul modo e lo contempla in parole».
Cesare De Marchi, Romanzi • Leggerli, scriverli, Feltrinelli 2007, pag. 128

Di Italiani, corna e zebedei

«Cultural anthropologists conjecture that men would try to block such pernicious beams by shielding their genitals, thus protecting their most valued asset: the future fruit of their loins. Over the centuries, the practice shifted. Men covered their generative organs not only to defend against direct malevolence but also in the presence of anything ominous, like a funeral procession. These days, an Italian man might also grab his crotch in risky situations, like a high-stakes poker game. In such cases, the grab isn't a defense mechanism against bad luck but rather a way to generate good luck.»
Fa un po' strano vedersi rappresentati così...

domenica 23 marzo 2008

Boccaccio & Catullo

Per fanciulle e fanciulli di terza, ricordo gli impegni assegnati per italiano:
finire la novella di Frate Cipolla (T13, pag. 567)
leggere le novelle di Tandredi e Ghismunda (T7, pag. 536) e Lisabetta da Messina (T8, pag. 545);
provare a inventare una novella.
Quanto a latino:
si confronti uno dei carmi di Catullo con un testo (poetico, musicale, ecc.) ritenuto particolarmente significativo, evidenziando i motivi dell'accostamento ed i caratteri specifici dei brani presentati.

Attualità dell'elegia

Una conversazione recente, che illustra le modalità del lavoro da svolgere in quarta.

M.A.: prof, avrei bisogno di un chiarimento su latino
Beppe: ciao, dimmi
M.A.: dobbiamo fare un parallelismo tra un tema di uno dei due canti assegnati e una canzone a nostra scelta, giusto?
Beppe: sostanzialmente sì
Beppe: leggi le due elegie
Beppe: scegline una che possa "prendere"
M.A.: se la canzone che scelgo tratta molteplici temi non devo trattarli tutti, ma solo quello che li accomuna
Beppe: quella di Tibullo è più varia di temi; Properzio mi sembra più monotono
Beppe: prendi uno spunto, verifica come viene trattato nel testo da cui parti (senza dimenticare il latino, se disponibile)
Beppe: e fa' un paragone con il testo che hai scelto tu; se è altrettanto vario, vedi di motivare la selezione
Beppe: (e, magari, il perché certi temi vengano "affogati" tra altri)
Beppe: dimmi che mi sono spiegato
M.A.: per cui devo commentare solo il tema visto da due punti di vista diversi
Beppe: non puoi prescindere dai testi da cui parli
Beppe: *parti
M.A.: in che senso?
Beppe: esempio:
Beppe: se dovessi commentare la peste nei Promessi Sposi e nel Decameron
Beppe: è vero che puoi trattare del tema, ma non è corretto fingere che non sia contestualizzato in maniere ben differenti tra loro
M.A.: per cui devo tenere conto anche del contesto, una ricerca di costanti nonostante i diversi periodi di tempo
Beppe: beh, per la peste la cosa è più semplice
(...)

martedì 11 marzo 2008

In preparazione al penultimo giro

Ultime aggiunte, nella cartella di quinta:
La siepe di Pascoli
Meriggio di d'Annunzio
I pensionati della memoria di Pirandello
La trappola di Pirandello

lunedì 10 marzo 2008

Desktop e partiti (via metafora)

Proseguendo la discussione di stamattina:
1) il link con i manifesti elettorali;
2) nella cartella apposita, il file sulle metafore alla base dei sistemi operativi, disponibile anche direttamente qui.
Il lavoro, da presentare per lunedì, consiste nel prendere un manifesto elettorale ed analizzarne forma e contenuti, sottolineandone allusioni, sottintesi, messaggi, claim, ecc.
Per facilitarvi l'opera, nella cartella di quarta, potete trovare un'analisi comparativa su gran parte dei manifesti disponibili a oggi.

sabato 8 marzo 2008

Booba - Kiki

Dato che oggi in classe si parlava di convenzionalità dei nomi...
In un immaginario linguaggio alieno, quale delle due figure corrisponde al termine "booba"? e quale a "kiki"?
Provate a indovinare e poi date un'occhiata qui.

giovedì 6 marzo 2008

Perdersi per trovarsi

Gli anni scorsi l'iniziativa si è rivelata davvero utile: c'era chi si pensava di sinistra e, rispondendo alle domande, si trovava a destra; chi subiva il destino opposto.
Quest'anno la "semplificazione" del quadro politico produce, per converso, un maggior grado di complicazione: si inizia con l'inserire i temi, si aspettano le riposte dei vari soggetti interpellati e, dal 24 marzo, sarà possibile sperimentare ancora il sito "voisietequi", una bussola nel mare magnum dell'attuale politica italiana...

PS: nel frattempo, un salto in questa galleria di manifesti elettorali ritoccati non fa male...