domenica 23 luglio 2006

Pulizie 2: mosche & biscia

I neomaturi di quest’anno iniziarono la terza liceo commentando come segue uno dei testi proposti (perché il prof voleva subito chiarire che si sarebbe fatto sul serio e nessuna difficoltà ci avrebbe fermati), qui trascritti:

La mosca ronza
sulla parola mosca
la stuzzica per farla
volare dalla carta.
La mosca ignora
che quell’altra mosca
– bisillabo, inchiostro sulla carta –
non è più sua compagna
ma nostra.

(Bruno Cattafi)

Una biscia a Brescia
lascia il tempo che trova
se attraversa sulle strisce
nessuno la approva.

(Toti Scialoja)

La mosca vede nel bisillabo un suo simile e cerca di sollecitarla a prendere il volo insieme a lei, non rendendosi conto in tempo che quella che scambia come sua compagna non è altro che una delle tante parole di cui l’uono è “padrone”; quindi quel bisillabo è un pensiero reso concreto della persona che l’ha scritto. (Elena M.)

(…) probabilmente l’unica parte a cui riesco a dare un senso è la seconda, che potrebbe essere interpretata così: nessuno vuole che una biscia attraversi la sua strada perché potrebbe creare un pericolo. (Giulio F.)

(…) A mio parere quesdto componimento vuole farci capire che quando leggimo qualcosa, facciamo nostro il contenuto. È come se ci impossessassimo di un’idea o un fatto di altri, come una spugna impregna acqua. Questo pensiero mi è comparso, in particolare, alla lettura degli ultimi due versi, perché il termine “compagna” mi dà l’idea di qualcosa che è per tutta la vita. E, appunto, la nostra cultura, che definisce anche il nostro “io”, ci accompagna per tutta la vita. (Gaia V.)

Una poesia che parla di una mosca che cerca di far volare via la parola mosca scritta sulla carta ignorando che questa non è più sua compagna ma nostra non può avere un senso molto profondo. (…) Non avendo un senso ben preciso questa poesia può essere interpretata e ognuno di noi ci può trovare qualcosa di diverso; a me fa venire in mente un caldo e noioso pomeriggio estivo, ad altri può far venire in mente cose totalmente diverse. Forse in questa molteplicità di interpretazioni sta l’unica bellezza di questa poesia. (Marco Sb.)

(…) Secondo me Cattafi con questa poesia vuol far capire che tutte le parole scritte restano e resteranno sempre pronte a farci “compagnia” in qualsiasi momento della nostra vita. Emblematica è la figura della mosca che ronza attorno alla sua stessa parola, ma ormai è diventata un qualcosa che ci appartiene. (Laura B.)

La poesia presenta l’immagine di una biscia, piccolo essere poco visibile, che in una realtà più grande di lei, la città di Brescia, crede di dover essere notata perché rispetta le regole: attraversa la strada sulle strisce. È simile a chi non ha coscienza della propria piccolezza e per un atto regolare che compie si aspetta che qualcuno lo noti (…) (Sara B.)

Questa poesia (La biscia, ndr) non ha significato. Non vuol dire niente. Il poeta “gioca” con le parole per produrre un insieme di suoni dal risultato divertente (…) (Berenice P.)

Secondo me si tratta di una poesia assurda, in quanto a nessuna mosca verrebbe in mente di andarsi a posare sulla parola “mosca” scritta chissà dove. L’unica affermazione che ha senso, penso che sia “bisillabo inchiostro sulla carta”, dato che descrive la natura della parola “mosca”. Credo che gli ultimo cinque versi significhino che la mosca vera, ossia l’insetto, è noncurante del fatto che la sua compagna mosca scritta invece su carta sotto forma di bisillabo non è più sua compagna ma nostra perché appartiene alla natura umana in quanto scritta da uomini e solo uomini potranno rendersi conto di cosa voglia dire quella parola. Infine, non ho proprio capito come una mosca possa andare a posarsi sulla parola che indica proprio lei, ma si sa, in una poesia assurda… (Giovanni F.)

Queste quattro righe, che a prima vista sembrerebbero senza senso, mi hanno fatto pensare a qualcuno che si trova fuori dal suo ambiente e non si sente accettato. L’ambiente in cui è risulta essere totalmente diverso dalle sue abitudini e dai suoi stili di vita: è un ambiente in cui tutti sono presi dai propri problemi ed interessi. Questa persona potrebbe essere un extracomunitario che vive in una città industrializzata: anche se si comporta correttamente e dà il suo contributo alla società, nessuno lo prende in considerazione perché egli non è uno come loro. (Alessia A.)

(…) Ma rileggendola, a mio parere, l’autore vuole farci capire che la “mosca” (bisillabo inchiostro sulla carta) non è la compagna della mosca (intesa come insetto) ma nostra, cioè di noi che la vediamo e possiamo caprine il significato. Non è compagna della mosca perché la mosca crede che la parola “mosca” sia un suo simile e cerca di farla volare via. (Davide B.)

Secondo me l’autore vuole descriverci l’”imprigionamento” di una parola nella sua poesia; anche se questo vocabolo può esprimere oggetti o pensieri, non potrà mai scappare dalla poesiam dal mondo “scritto”, cioè sarà sempre e solo una parola e nessun’altra cosa. (…) La poesia può essere divisa in due sequenze: la prima racconta il ronzio della mosca vera, mentre nella seconda si spiega il trattenimento della mosca metaforica nel mondo della carta. Questa poesia potrebbe essere ritenuta fantastica, perché una mosca no sa leggere e quindi non avrebbe potuto riconoscere la parola “mosca”; mentre chi ritiene che sia stupida vuol dire che non ha capito niente del ssuo significato, perché questa poesia ci racconta una cosa difficilissima con un esempio semplicissimo. (Giacomo C.)

Per me la poesia o la filastrocca è assurda e non ha un significato reale, perché una biscia non è apprezzata, a prescindere dal fatto che attraversi sulle strisce (…) (Marco R.)

Interpretando questa poesia potrei dire che le parole perdono il modo in cui appaiono sulla carta quando l’oggetto che la nostra memoria riconosce si “leva in volo”, ossia l’oggetto smette di essere una semplice parola scritta per trasformarsi in un insetto di esistenza “corposa”. La mente lavora il ricordo con l’espressione di un corpo vivo. Ciò che viene prodotto dal pensiero è che la parola mosca fa pensare immediatamente alla mosca in sé, cioè fa pensare alla corposità della mosca. Quindi vedere scritta la parola mosca ci fa pensare alla mosca come tale. Ma quando la mosca è mosca, indipendentemente dal fatto che qualcuno la pensi, non si può riconoscere come parola mosca; la mosca è mosca anche se uno non la pensa tale, e la mosca non si riconosce nella parola mosca. (Nicolò P.).

La poesia di Cattafi ad una prima lettura appare totalmente insensata, come se l’autore si fosse divertito a scrivere frasi a caso, prive di ogni logica. Tuttavia, ad una seconda lettura più approfondita, potrebbe sembrare che l’autore stia descrivendo una mosca che vola su un foglio di carta, sul quale qualcuno stava scrivendo, per poi essere schiacciata. Sinceramente, non so ancora quale delle due ipotesi sia più assurda, sono spiacente ma non riesco proprio ad immaginare che senso possa avere questa poesia, sempre ammesso che un senso lo abbia. (Alessandro S.)

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