Nicolò parla di “cosa nostra”, con qualche notizia simile e qualche novità rispetto al lavoro di Jacopo. I silenzi della mafia portano, non si sa bene come, alla svolta linguistica wittgensteiniana ed ai giochi linguistici per giungere, piuttosto rapidamente, a Schopenhauer. Dal neoclassicismo canoviano ai macchiaioli in arte; historical context in english literature 1950 to present. Dante e lo scrivere poesia nel XVII canto del Paradiso, teoremi del calcolo differenziale e apparato digerente. Una conclusione proprio come il cacio sui maccheroni.
Berenice sembra in soggezione: sarà il superuomo d’annunziano che le mette timore. Allora si cambia prospettiva: si parla del ciclo dei vinti e ci si rifà poi coraggio con un raffronto tra “Meriggio” e “Meriggiare pallido ed assorto”. Rimaniamo nell’estetismo con Nietzsche; si arriva all’ingresso di Cristo in Bruxelles e si finisce la conclusione della parte letteraria del colloquio con la poetica della neo-lingua in Orwell. Studio di funzioni e (si vede la stanchezza dell’autore delle note) buco per l’argomento di scienze: non l’ho appuntato e mi sono messo a firmare verbali in preparazione della chiusura delle operazioni di commissione. Chiedo scusa.
Last but not least, direbbero gli inglesi, arriva Stefano. Si avvia col sistema nervoso e passa poi a parlare di sinapsi, incantandosi di fronte alla di queste rappresentazione grafica. Il canonico studio di funzioni e poi via per l’aspetto letterario: Dickens come inizio, la Pentecoste manzoniana con qualche excursus sull’Adelchi; di Husserl meglio non parlare, glissando su Freud. Ma quando poi si viene a sapere che il Guernica non è raffigurato sul libro si storia dell’arte…
Beh, dai, è finita.
Adesso è il tempo dei mugugni e dei commenti.
Lascio i primi agli altri, mi riservo uno spazio per i secondi, appena passata l’incazzatura da discussione finale.
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