
Il giusto proposito per compensare i flussi di byte con cui convivo giornalmente; un bel fiume di parole, da gustare con lentezza.
Farò sapere.
a margine delle attività che si fanno in classe (ma non solo) · integrabile ed integrato con facebook & il sito-deposito
«Le grandi tappe che hanno impresso accelerazione al tempo sono state tre: l'orologio meccanico, la macchina a vapore e Internet. Il primo, nato a cavallo del 1300, ha creato l'ora eguale e quindi ha permesso di misurare anche la notte, coadiuvato dalle clessidre a sabbia che hanno permesso una sotto-segmentazione delle ore. L'orologio ha raggiunto una precisione al secondo attorno al XVIII secolo, in tempo per l'arrivo dell'invenzione seguente: il treno a vapore. Questo, con tutti i derivati successivi, automobilistici e aerei, ha accelerato talmente la velocità degli spostamenti da portare alla cancellazione dell'ora locale e a una crescente standardizzazione del tempo con la divisione in meridiani. Internet ha dato il colpo fatale, con il virtuale azzeramento della relazione tra spazio e tempo, che ci permette di essere assolutamente ubiqui e gestire la giornata a piacere, conservando messaggi a cui rispondere in tempi successivi o rispondendo in tempo reale indipendentemente dal fuso orario in cui ci troviamo. Internet viaggia quasi alla velocità della luce e ci permette ormai di operare nel business "alla velocità del pensiero"».
«Con l'arrivo dei telefoni intelligenti e Internet il nostro tempo privato è sempre più mescolato a quello del lavoro, dato che non riusciamo più a porre barriere agli stimoli che ci arrivano dall'esterno. Dunque siamo sempre più eterodiretti ed eterogestiti nostro malgrado. I network sociali come Facebook e Twitter, le informazioni 24 ore su 24, gli sms, le telefonate degli amici ci tengono in uno stato di eccitazione continua anche fuori dal lavoro. A questo punto tutto diventa estremamente difficile perché, anche se riuscissimo a mantenere un controllo delle nostre priorità, potremmo essere percepiti dagli altri come pigri, maleducati o arroganti. Internet obbliga a una disponibilità assoluta verso il prossimo, come l'allattamento a piacere dei neonati».
Un grandissimo Giampaolo Dossena che nel volume Dante • il più irriverente (ma serio) libro per conoscere vita, tempi e opera del più grande scrittore italiano (Longanesi, 1995, pag.283) ironizza sull'approccio "scolastico“ all'opera del più grande...Da una parte ci stanno quelli che vorrebbero cominciare a capire qualcosa, trafficando coi commenti e con qualche altro libro; dall'altra parte sta chi scrive le «guide allo studio di Dante Alighieri», e prescrive, ordina, come ricetta medica, come premessa indispensabile, alcune centinaia di volumi, a cominciare da uno, tedesco, non ancora tradotto in italiano. E poi dice: «Ma poniamoci una volta tanto dal punto di vista di chi con scarse conoscenze intende addentrarsi nella galassia Dante. A quell'ipotetico» (=assurdo, inverosimile, condannabile, out the pig from our society) «viaggiatore o astronauta io non consiglierei la via biografica, e meno che mai l'approccio diretto ai testi».
La informo dell 'imminente uscita di Dante's Inferno, il nuovo gioco della Electronics Arts riguardante il celeberrimo Dante (in versione aggiornata insomma un pompato palestrato super cazzuto) discendere all inferno per poter liberare la famosissima Beatrice (anche lei modernizzata in abiti succinti in simil latex). il gioco rispecchia la geografia o dovrei forse dire infernografia dantesca... i soliti gironi insomma coi soliti contrappassi ma con l'aggiunta di un boss (assolutamente enorme) per girone fino ad arrivare alla guest star dell 'inferno ovvero lucifero nella ghiacciaia. il gioco è in stile dark / splatters con ambientazioni alla Clive Barker al limite del visionario... beh ho pensato che potesse interessarle al massimo la prossima volta che interroga porterà una console a scuola e chiederà di completare un girone a uno dei suoi alunni.
È l'incipit di Perle ai porci, un libro nato da un blog da cui penso di poter imparare molto...Il dito scorre lentamente su e giù lungo l'elenco dei nomi sul registro, ma è tutta scena. In realtà so già benissimo chi chiamerò, come so benissimo chi ha studiato e chi no. E' stata sufficiente un'occhiata, appena entrato in classe, per fare una radiografia delle facce e scoprire chi ha passato il pomeriggio precedente in chiacchiere idiote su Messenger invece che sui libri. Gli studenti, nessuno escluso, non hanno la faccia da giocatore di poker. Li lascio friggere in silenzio ancora per qualche secondo, poi alzo lo sguardo e lo dirigo su Panconi, che è preparato, ma che subito inizia a sentirsi a disagio. Con la coda dell'occhio non mi sfugge l'espressione di sollievo di De Marco, seduta dalla parte opposta della classe. E' brava, una delle migliori, ma negli ultimi tempi è in crisi, il suo ragazzo l'ha lasciata. Ieri non ha aperto libro, è evidente. "Bene, bene" dico continuando a fissare Panconi, "credo che chiamerò... De Marco." Trascorre qualche istante prima che la ragazza si renda conto che ho pronunciato il suo nome. Quando finalmente realizza mi guarda smarrita, sperando ancora in un errore. Siamo quasi al termine dell'anno e con questo brutto voto la ex studentessa modello probabilmente si rovinerà la media finale. Infatti si alza e viene alla cattedra con l'allegria di un animale condotto al macello: ecco perchè non ho mai concesso le interrogazioni programmate. Toglierebbero tutto il gusto.
Dovresti aggiungere un bottone al soprabito, gli disse l’amico. L’incontrai in mezzo alla Cour de Rome, dopo averlo lasciato mentre si precipitava avidamente su un posto a sedere. Aveva appena finito di protestare per la spinta di un altro viaggiatore che, secondo lui, lo urtava ogni qualvolta scendeva qualcuno. Questo scarnificato giovanotto era latore di un cappello ridicolo. Avveniva sulla piattaforma di un S sovraffollato, di mezzogiorno.Nella apposita cartella, il file La rabbia e l'orgoglio, il pezzo di Oriana Fallaci cui ho fatto un accenno sabato, e una versione più ampia, ma sempre non completa, degli Esercizi di stile di Quenau (da cui è tratto il passo in apertura).