Marco Lodoli su L'Avvenire di oggi (pag 18)
La scuola è un mondo privo di malizie, che non sa in alcun modo nascondere le sue difficoltà: i giovani sono giovani, dunque sinceri come sempre, e le loro difficoltà esistenziali sono qui davanti agli occhi di tutti; i professori sono professori, dunque persone abituate a considerare la cultura il massimo dei beni, e il loro spaesamento di fronte alla nuova scala di valori della nostra società è altrettanto palese. Questo non è certo un momento facile, la scuola in fondo è l’avanguardia del Paese, il suo presente proteso verso il suo imminente futuro, e soffre per una doppia pressione: da un lato scricchiola sotto la tonnellata di nulla infetto, di vanità e narcisismo, di consumismo e faciloneria che grava sulla sua struttura antica, sulle convinzioni di chi ancora è convinto che la vita è dura e va affrontata da subito con impegno, concentrazione, sacrificio. Dall’altro patisce la richiesta di efficienza assoluta, di risultati immediati e misurabili: il modello anglosassone, fatto di test e percentuali, programmazioni rigide e verifiche inoppugnabili, quel modello che punta a creare in fretta una professionalità da spendere subito sul mercato del lavoro sta prendendo inesorabilmente piede e non tutti gli insegnanti sono disposti ad accoglierlo.
Da un lato lo sbraco sottoculturale che investe tanti ragazzi, alla mercé delle sirene televisive, di una finta spensieratezza, di desideri pompati a oltranza; dall’altro un rigore assoluto che vorrebbe produrre rotelle da inserire in fretta negli ingranaggi del sistema produttivo. E così i professori sbandano e si deprimono perché non sanno più qual è il loro posto e il loro ruolo in un mondo che esalta solo il successo e il denaro, le facce rifatte dei vip e quelle gelide dei manager. L’unica soluzione è continuare ad avere fiducia nella letteratura, nella filosofia, nella matematica, nella scienza, entrare in classe e continuare a leggere i poeti e a spiegare i numeri alla lavagna. Continuare ad ascoltare i ragazzi, come sempre, più di sempre, perché oggi i ragazzi si sentono frastornati dal luna park che ruota attorno a loro e spaventati da un mondo che là fuori li aspetta solo per farli sentire più precari che mai, per succhiare il loro sangue. L’isola dei famosi e lo spettro dell’esclusione sociale, il benessere promesso e la miseria minacciata, il nuovo telefonino e nessuno che ti chiama per un lavoro sicuro. A volte ci si sente inadatti, piccoli, brutti e inutili.
A volte però ci si sente quasi degli eroi, soli a difendere il senso della dignità umana e del sapere in un mondo che pare atrocemente disinteressato.
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